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Adesso l’Onu riabilita Lampedusa

RomaIl centro per immigrati di Lampedusa è «un esempio su scala globale». Ma non era un lager, un luogo dimenticato da Dio, il carcere senza pietà, l’avamposto europeo della disperazione africana?
Il Cie dell’isola siciliana ormai è vuoto perché l’accordo tra Italia e Libia in vigore da cinque mesi - che prevede di ricondurre sulle coste di Tripoli le imbarcazioni di immigrati in mare - impedisce ogni possibile arrivo di clandestini sulle spiagge prima famose per gli sbarchi di massa. Ma secondo l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu, il centro di identificazione ed espulsione deve continuare a funzionare come prima, perché Lampedusa, con la sua struttura per extracomunitari irregolari, è stata «un’esperienza straordinariamente importante e positiva». Esprimendo le sue «preoccupazioni sui respingimenti in Libia», l’alto commissario Antonio Guterres ieri si è augurato: «Speriamo che Lampedusa possa rientrare pienamente in funzione».
Improvvisamente l’isola più a sud dell’Italia diventa insomma il paradiso dei migranti. All’improvviso, perché prima era l’inferno. Basta una veloce ricerca di archivio per trovare questa dichiarazione: 18 febbraio 2009, Laura Boldrini, rappresentante italiana dell’Unchr: «C’è una grossa tensione per i rimpatri, i migranti si sentono persi e tentano il tutto per tutto». Si era appena verificata la rivolta nel centro, culminata con un incendio che aveva distrutto parte dell’edificio principale. Il 23 gennaio, dunque prima di quell’incidente, il rappresentante europeo dell’ufficio Onu, Pirkko Kourula, esortava il governo italiano a «fare tutto il necessario per risolvere la difficile situazione umanitaria».
In quei giorni d’ inizio 2009 si criticava la politica di Maroni, ma si elogiava invece la gestione passata, quando Lampedusa era luogo di smistamento verso altre strutture del sud Italia. Addentrandosi però più indietro negli anni e più a fondo nella ricerca sull’Unhcr si trova una sorpresa: fu il precedente governo Berlusconi (ministro dell’Interno Pisanu) ad aprire le porte del centro al presidio fisso delle Nazioni Unite. Si legge da una cronaca di Repubblica del 20 ottobre 2005: «Il commissario Guterres tira le somme della sua visita: “Non è possibile che in quello spazio così angusto possano essere garantite in modo democratico le procedure necessarie per distinguere tra rifugiati e clandestini”». E allora in che momento della sua storia il centro di Lampedusa è stato un posto bellissimo?
Ieri una dura critica all’Italia e ai respingimenti in mare è arrivata dal rapporto «Scacciati e schiacciati» di Uman Rights Watch. All’europarlamento di Strasburgo il capo delegazione del Pd David Sassoli ha definito l’azione del governo italiano «arrogante e xenofoba», chiedendo al commissario europeo alla Giustizia e alla Sicurezza Jacques Barrot di intervenire. Nella sua risposta, Barrot sembra aver chiesto un’assunzione di responsabilità più all’Onu che all’Italia: «Conto sull’aiuto dell’Alto commissariato per i rifugiati per dire ai libici che la situazione attuale non è accettabile e non può perdurare». Ha pregato quindi l’Italia, a nome della commissione, «di aiutarci a stringere un dialogo con la Libia».

La pratica inviata da Roma sulle politiche dell’immigrazione in corso nel Mediterraneo è «in fase di valutazione».

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