Una lettera a Repubblica per smarcarsi dallinchiesta sulla P4. La Guardia di finanza fa quadrato e il comandante delle Fiamme gialle, Nino Di Paolo, difende il generale che avrebbe soffiato informazioni segrete agli inquisiti. È una guerra che si combatte sui media e sottotraccia, fra le istituzioni e fra gli alti ufficiali che duellano con toni mai visti finora. Accade tutto in poche ore, sullo sfondo della lotta per la successione a Di Paolo, il cui mandato terminerà esattamente fra un anno, nel giugno 2012. Il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore va in tv e dal salotto di Lilli Gruber spara bordate: «Le notizie sullinchiesta della P4 dallinterno del corpo della Guardia di finanza sono state portate allesterno». Non una volta, è la sua denuncia, ma ripetutamente. Insomma, par di capire che dentro la caserma di viale XXI aprile funzionava una sorta di ufficio spioni al servizio della cricca di Gigi Bisignani e dei suoi amici. Certo, Lepore spiega che al livello più alto, quello dei generali, i sospetti si concentrano solo sullepisodio che ha portato alliscrizione nel registro degli indagati del capo di stato maggiore Michele Adinolfi. Ma da lì in giù ci sono molti sospetti e la caccia ai «traditori» prosegue frenetica: «Le talpe - annuncia sibillino - ora si cercano a Roma».
Sono giornate difficili per le Fiamme gialle. Qualcuno torna ai giorni terribili di Mani pulite e alle divise travolte dallinchiesta sulle verifiche fiscali addomesticate a colpi di mazzette. Ma il numero uno Nino Di Paolo non si scompone e con una lettera a Repubblica risponde idealmente a Lepore. Per Di Paolo «anche un ufficiale della Guardia di finanza è innocente fino al definitivo accertamento dei fatti, a maggior ragione in una fase così delicata come quella delle indagini preliminari». Adinolfi, almeno per ora, resta al suo posto. Ci vuole «prudenza», ammonisce Di Paolo che dunque si mette elegantemente di traverso al procuratore. Adinolfi non viene scaricato e anzi, complici i tempi della burocrazia militare, dal 1 luglio scatterà la sua promozione, decisa in precedenza: porterà i gradi di generale di corpo darmata ed entrerà nellelite che si conta sulle dita di due mani.
I dietrologi che amano le letture tridimensionali fanno notare che Adinolfi e Di Paolo, come pure Vito Bardi, laltro generale indagato, sono legati a filo doppio allex capo del Sismi Nicolò Pollari, un monumento dentro le Fiamme gialle e il presunto capo di una corrente che guardava con simpatia al centrodestra. Ma in viale XXI aprile gli umori restano inquieti. «Lo schema dei pollariani e degli antipollariani è logoro, anzi è muffa vecchia dieci anni - spiega al Giornale un generale - Pollari è uscito dal corpo da molto tempo, è stato inquisito per il sequestro di Abu Omar, ormai quella stagione è preistoria. E poi, se vogliamo inforcare gli occhiali della politica dobbiamo ammettere che i conti non tornano. Adinolfi viene accusato da Marco Milanese che è un ex ufficiale delle Fiamme gialle e che con il capo di stato maggiore aveva ottimi rapporti, di amicizia anche oltre le mura della caserma».
È la guerra fratricida che fa saltare i luoghi comuni. Milanese, oggi deputato del Pdl, ha raccontato ai magistrati napoletani di una cena a casa del presidente dellagenzia Adn Kronos Pippo Marra. In quelloccasione Adinolfi avrebbe girato a Marra uninformazione preziosissima da consegnare come un regalo a Bisignani: «Non parlare al telefono». Il percorso disegnato da Milanese è tortuoso: perché Adinolfi, che nemmeno conosceva Bisignani, avrebbe dovuto aiutarlo per di più passando per Marra? Ma Milanese pare sicuro del fatto e suo e ha confermato tutto, parola per parola, in un drammatico confronto con il generale. Le verifiche sono in corso e Adinolfi ha giocato le sue carte: la cena sarebbe avvenuta molti mesi prima di quel che sostiene Milanese, nel 2009 quando lindagine sulla P4 non era ancora partita. E questo per una ragione banale: il meeting si sarebbe svolto nel periodo in cui il figlio di Marra si trovava in ospedale per un problema di salute. Appunto nel dicembre 2009.
Risultato: Di Paolo crede a Adinolfi, Lepore traccia lelogio di Woodcock, il pm della P4, e Milanese, testimone in questa storia ma indagato per corruzione in unaltra delicatissima indagine della procura di Napoli, lascia lincarico di consigliere politico del ministro Giulio Tremonti. Ora si aspetta con ansia la prossima incursione di Woodcock oltre il portone del comando generale...
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