Adolfo: «Queste sono manette alla carriera»

Le ore dopo il blitz di Taggia: «Sono cattolico praticante, affronto questo momento con cristiana rassegnazione, certo che si farà chiarezza»

Diego David

«Allora, di cosa parliamo?». Rompe il ghiaccio così Vittorio Adolfo, neo deputato Udc coinvolto con le accuse di corruzione, turbativa d’asta e truffa nella bufera giudiziaria che sta scuotendo il Ponente e che ha già portato in carcere il sindaco di Taggia Lorenzo Barla, l’imprenditore edile e presidente della Camera di Commercio di Imperia Giuseppe Bianchi, e ai domiciliari l’ex sindaco ed ex assessore regionale Piero Gilardino. Nel giorno in cui altri quattro sindaci ed ex sindaci dell’imperiese, due funzionari comunali, un presidente della Comunità Montana e quindici impresari sono stati indagati dal pubblico ministero Marco Zocco di Sanremo a margine dell’inchiesta per aver pilotato appalti, e nel giorno in cui Barla e Gilardino si avvalgono della facoltà di non rispondere davanti al gip Anna Bonsignorio di Sanremo, Adolfo sceglie Imperia, la sua città, per difendersi: «Non ho mai preso tangenti da nessuno e ricuso tutte le pesanti accuse mosse nei miei confronti».
Incalza: «Quello che so l’ho appreso dai giornali. Sia chiaro che io non ho mai ricevuto una tangente da chicchessia! Sono un cattolico praticante, affronto questo momento con cristiana rassegnazione e sono certo che con i tempi giusti si farà la chiarezza dovuta. Dopo anni di fatiche ho avuto grandi soddisfazioni, ruoli importanti e tutto quello che mi sta accadendo, evidentemente, è la tassa che si deve pagare. Due anni fa sono stato raggiunto da un avviso di garanzia e dipinto da certi giornali, nei confronti dei quali mi riservo quali decisioni prendere, come il peggior delinquente in circolazione. Oggi per quelle vicende è in corso un processo e io non sono stato mai nemmeno rinviato a giudizio». Per quanto riguarda le accuse di aver «pilotato» gli appalti del post alluvione del 2001 a benefico dell’impresa edile di Giuseppe Bianchi, Adolfo dice che è improponibile «perché il piano, immediatamente dopo la deliberazione della giunta regionale, era stato messo a disposizione di tutti, con tanto di pubblicazione su Internet». Di più: «La Regione passò le deleghe ai sindaci, nei confronti dei quali io non sono mai intervenuto in alcun modo». E ieri è stato il sindaco di Pietrabruna, Riccardo giordano, a confermare: «Io non ho mai ricevuto indicazioni o subito pressioni, né ho mai fatto parte di accordi che impedissero il regolare svolgimento delle gare».
Adolfo si è soffermato sul sistema con cui venivano assegnati i contribuiti per i lavori post alluvionali: «C’erano modalità ben precise, un piano regionale complessivo approvato dai sindaci, dall’amministrazione provinciale, dal ministero dell’Interno e dal Dipartimento di Protezione Civile. In base a questo programma, che fissava priorità e punteggi, i Comuni hanno avanzato le loro richieste. Il dipartimento regionale ha poi stilato le varie graduatorie. A questo punto si sono rese disponibili le somme messe a disposizione dal ministero. La Regione ha vigilato sul trasferimento dei quattrini». Quanto alle procedure: «La Regione ha stabilito che le opere pubbliche fossero affidate come responsabilità procedurali ai Comuni; le attività produttive alle Camere di Commercio e le attività agricole al settore delle Politiche Agricole. Pertanto, i Comuni assegnatari delle risorse hanno provveduto loro stessi alle gare di appalto».
Quanto ai rapporti con Bianchi, Adolfo, che dice di conoscere appena il suo grande accusatore, quel Paolo Gavinelli ex collaboratore dello stesso Bianchi «che avrà le sue risposte al momento opportuno», ha dichiarato: «Sono molto attaccato a Bianchi e alla sua famiglia, è vero, non lo nego. Ero anche al suo matrimonio, ma non ci legano certo assi come è stato scritto». Quanto al presunto “regalo di Natale”, un finanziamento per la campagna elettorale che sarebbe stato promesso da Bianchi ad Adolfo: «Se un imprenditore vuole sostenere un partito la cosa è permessa dalle legge». Secondo Gavinelli, Adolfo sarebbe uscito dagli uffici di Bianchi con un sacchetto rosso, come quelli delle profumerie, contenente i soldi delle tangenti. Lui, il grande accusato, strabuzza gli occhi: «Ma vi pare plausibile? Parlandone credo che svilirei il significato stesso di questa conferenza stampa. Piuttosto spero che vicende come questa non allontanino i giovani, bisogna far capire loro che la politica è un dovere morale e civile».

Un’altra curiosa intercettazione riguarda un colloquio telefonico con Antonino La Manna, lo «storico» segretario comunale del minuscolo comune di Mendatica, 300 anime in alta valle Arroscia, a sua volta indagato. Adolfo ritrova il sorriso: «Una persona rigorosissima, direi di più, un uomo in odore di santità».

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