Da adoratori del Po a paladini della Chiesa

La battaglia politica della Lega contro gli infedeli che premono alle frontiere si sposa da tempo, indissolubilmente e laicamente, alla difesa delle origini cristiane dell’Italia. Un matrimonio più di convenienza che d’amore, in verità. Ma di quelli che - tra alti e bassi - sono destinati a durare ben oltre la fase dell’innamoramento.
Gli uomini che fecero la Padania, quando serve, magari pregano anche il dio Po. Ma senza mai davvero tradire la Chiesa cattolica. Anche a costo, a volte, di imbarazzanti scivoloni dogmatici. Come di recente, quando sulla pubblica piazza di Genova, in piena estasi elettorale, un attivista leghista, davanti al proprio parroco e contro la minaccia islamica, difese con forza il crocifisso. Bestemmiando.
Curiosa forma di cristianesimo orfano di Cristo, di cui però sbandiera con orgoglio la croce, e di religione capace di fare a meno delle chiese, alle quali preferisce di gran lunga le piazze, la moderna «confessione civile» elaborata dai teologi padani è l’ultima e più coriacea barriera culturale contro tutto ciò che da Est e da Sud insidia i valori della Tradizione, mette a rischio l’Identità, minaccia di estirpare le Radici. La crociata lanciata da «Santa Romana Lega», con editto degli imperatori Cota e Zaia, contro la pillola Ru486 è soltanto l’ultima delle campagne del popolo del Carroccio a tutela della Conservazione di valori legati alla vita e alla famiglia, e dei principi etici e morali cristiani. Battaglie - per quanto possa sembrare un paradosso - combattute su terreni spesso lasciati sguarniti da quei fedeli cattolici e da quelle gerarchie ecclesiastiche alle quali, per diritto e per consuetudine, toccherebbe invece una strenua difesa.
Quando la Chiesa di Roma è troppo prudente e arrendevole, allora scende in campo quella di Pontida. La Lega sempre di più sembra infatti intercettare i sentimenti - e i voti - dei cattolici, soprattutto i non praticanti, quelli che magari non seguono Messa ma che non accettano di vedere violentati i simboli della loro fede millenaria. E lo fa elaborando un’efficace religione civile che usa la tradizione per difendersi dal lassismo e dal nichilismo della postmodernità. Lo ha fatto sfoderando lo spadone di Alberto da Giussano davanti a chi pretendeva, e pretende, di spazzare via il presepe dalle scuole. Lo ha fatto scatenando una rivolta popolare, superando per zelo lo stesso Vaticano, contro chi voleva, e vorrebbe, togliere i crocefissi dagli edifici pubblici. Lo ha fatto indicendo processioni laiche per fermare le «aggressioni» islamiche all’Italia e all’Europa, elevando violenti anatemi contro minareti e scuole islamiche.
Dio lo vuole. E anche a Bossi non dispiace. La difesa dell’identità padana val bene una Messa.
Il Carroccio non sarà la nuova Democrazia cristiana, ma l’asse Chiesa-Lega sull’aborto qualche sospetto lo legittima. Come quello, altrettanto lecito, che in fondo fra druidismo padano e morale cattolica qualche continuità ci sia. Del resto i primi luoghi di culto della cristianità, è noto, sorsero sulle rovine di templi pagani.
Annacquati nell’oblio il rito dell’ampolla alle sorgenti del Po, annullate dalla memoria le nozze celtiche dei capi-popolo leghisti, e cancellati capodanni celtici e ludi insubri, il partito di Bossi ha scelto - un po’ per il risorgere della fede, un po’ per calcolo elettorale - di ergersi a difensore delle radici cristiane. Sostituendo, in opposizione al minareto, il campanile al menhir. E propugnando i valori tradizionali - localistici, parrocchiali, cattolici - contro il relativismo della globalizzazione, la confusione delle etnie e la liquefazione dell’identità territoriale. E i druidi si rifecero cattolici. In hoc signo vinces.
Così, seppelliti i talismani runici e rispolverati i messali latini, le posizioni tra Carroccio e Santa Sede su aborto, eutanasia, matrimoni gay e bioetica (un po’ meno sull’immigrazione) si sono avvicinate sempre più, fino a sovrapporsi. O superarsi. Tutte le volte che davanti a una minaccia la Chiesa ha taciuto, il popolo leghista ha alzato la voce. Rischiando a volte, con il furore tipico dei neo-convertiti, di sorpassare a destra persino i tradizionalisti cattolici.

Il Borghezio che, nel mezzo della guerra santa contro la sentenza della Corte europea, estrae nientemeno che la croce vandeana, è solo l’esempio più eclatante.
E sì che un tempo, neppure un decennio fa, le curie del Nord ammonivano che «Votare Lega non è peccato, ma è un errore». A dimostrazione che anche la Chiesa può cambiare idea.

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