Le affinità storiche secondo Manfredi

Si tratta di una trentina di ritratti di personaggi della cultura fortemente amati dal celebre pittore toscano

Dopo la grande antologica del ’94 alla Banca d’Italia, Manfredi torna a Roma. Il loggiato dell’Archivio di Stato a Sant’Ivo alla Sapienza ospita, fino al 18 luglio, una mostra di ritratti immaginari intitolata «Autobiografia della memoria». Fiorentino, ottant’anni splendidamente portati, Manfredi, a prima vista un figurativo, è in realtà un artista controcorrente, non catalogabile, libero da schematismi e fedele solo alla verità della pittura.
Sono esposti una trentina di quadri dalle dimensioni imponenti dipinti dal 2000 in poi. Acrilici dalle raffinate velature, costruiti con un segno grafico forte, parti più finite che si alternano ad altre lasciate quasi ad abbozzo, dalle fisionomie concentrate e intense, ricorda Giorgio Bonsanti. Rappresentano con poche eccezioni (la madre pittrice, l’autoritratto con due amici, il Mugello e il ritratto di Margherita Hack), solo ritratti di personaggi storici, a mezzo busto secondo tradizione, legati all’artista da una sorte di affinità elettiva. Scrittori amati in gioventù e riletti per tutta la vita come Kafka o Bernhard, musicisti come Puccini, Bach e Brahms, pittori come Garcia Lorca, poeti come Rimbaud e Rilke, filosofi come Voltaire, politici come Stalin «Koba», nome di battaglia assunto dal dittatore fra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, che il pittore rappresenta giovanissimo, appena uscito dal seminario, rifacendosi a una foto segnaletica della polizia zarista.
E da piccole fotografie che gli danno lo spunto per andare oltre, e in bianco e nero per non essere influenzato dai colori, derivano tutti i ritratti. Opera di un pittore «raro», scrive Giorgio Seveso, dalla sontuosa esecuzione e finissima tecnica, che ha un rapporto lirico, di trasfigurazione del reale, con la pittura.
È un vero e proprio scandaglio del tempo la sua opera, affiorano presenze richiamate in vita solo dalla forza della mente. I personaggi di Manfredi sono figure reali, che lo guardano negli occhi e parlano con lui.

«Il ritratto - spiega infatti l’artista - deve essere più vivo possibile, a me interessa la fisicità delle cose, la bellezza è fatta di materia». Ed è attraverso la materia pittorica che l’artista arriva all’anima del personaggio. Archivio di Stato, Corso Rinascimento 40. Orario: lunedì-venerdì 9-18, sabato 9-13, domenica chiuso.

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