Cronaca locale

Affittopoli, costa di più un orto in periferia che un attico in centro

Per un’«affittanza agricola» a Figino chiesti 5mila euro: una locazione in via Bagutta costa 3mila euro in meno

Sfogliando il «bollettato 2007 per inquilino» del Demanio di Palazzo Marino si scoprono situazioni paradossali. Che, ad esempio, per l’affitto di un orto in periferia si paga di più che per un attico a due passi da San Babila. Incredibile, ma vero. Se non ci credete fate un saltino in via Larga, quarto piano e reclamate l’accesso agli atti (sono pubblici, assicura il Comune) del Demanio. Scoprirete che in quel di Muggiano c’è chi ogni dodici mesi sborsa 5.516 euro virgola 83 cent per un’affittanza agricola, mentre a Gorgonzola c’è chi paga 3.072 euro e chi a Rho in località Figino ogni anno versa alle casse dell’amministrazione Moratti 3.450 euro. E che sempre in quell’area a nord di Milano per «affittanze agricole» c’è chi ne paga 5.757 euro.
Qualcosa come tremila euro di differenza rispetto ai fortunati inquilini degli stabili comunali di via Bagutta o di via Silvio Pellico. Ma, attenzione, la differenza sale a quasi cinquemila euro per i privilegiati che si sono conquistati un’abitazione a equo canone al civico 4 di piazza Santa Maria del Suffragio. Secondo i dati del Comune in quell’angolo di Milano 65 metri quadrati sono affittati a 894,6 euro all’anno. Niente male pagare 74 euro al mese d’affitto in una zona centralissima dove, quando va di lusso, per la stessa metratura ne chiedono ogni 27 del mese dieci e più volte tanto. Nome e cognome di chi ha un santo in paradiso? «Niet» dicono i consiglieri comunali - quattro su sessanta - che hanno sinora preso visione di quest’elenco. Silenzio di tomba da quelli della sinistra che in quelle pagine hanno trovato «il loro Dna, la loro gente» come chiosano quelli di maggioranza che tacciono sui nomi per «rispetto delle regole» loro imposte dal segretario generale del Comune. Tutti comunque colpiti dalla generosità dell’amministrazione comunale che elargisce canoni low cost persino a società di peso.
Un esempio? Al 6 di corso Venezia c’era la Rinaldi Viaggi che - oggi ha cessato l’attività - al Comune versava due euro e 64 centesimi all’anno. Neanche il costo di un caffè con brioche. Ma che volete? Questo è il senso per gli affari delle amministrazioni che si sono succedute a Palazzo Marino, dove sorprendentemente non si sa neppure qual è il criterio di assegnazione degli appartamenti seguito dagli uffici. No, non è un’esagerazione ma la risposta ufficiale data in consiglio comunale all’ulivista Carmela Rozza: «il dato non risulta a disposizione degli uffici».

Ma c’è da scommetterci che l’ex segretaria del Sunia, sindacato inquilini, ben immagini come il Comune abbia sin qui offerto il suo patrimonio.

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