RomaLe celle di sicurezza che dovrebbero custodire gli arrestati in flagranza di reato, secondo il decreto-legge «svuotacarceri» in vigore dal 23 dicembre? Troppo poche, senza bagno né mensa, niente ora d’aria e separazione tra uomini e donne. Per la sorveglianza, poi, gli agenti sono insufficienti. Insomma, dice in Senato il vicecapo della Polizia Francesco Cirillo, non garantiscono «condizioni indispensabili per rispettare la dignità delle persone». Il prefetto è categorico: «Il detenuto sta meglio in carcere».
Cirillo non teme di entrare in conflitto con il ministro della Giustizia, Paola Severino, e in mattinata parla chiaro alla Commissione Giustizia, dove inizia con le audizioni l’iter per la conversione in legge del decreto: è molto difficile trattenere per 48 ore gli arrestati per reati minori in commissariati e stazioni della polizia giudiziaria di tutt’Italia, isolette comprese, fino al processo per direttissima.
L’idea della Guardasigilli è di evitare le pressioni sui penitenziari sovraffollati e il fenomeno delle «porte girevoli», che in 3 giorni porta dentro e fuori dal carcere 21 mila persone l’anno. Sembrava l’uovo di Colombo, ma per Cirillo si scontra con la dura realtà: solo 1.057 camere di sicurezza, del tutto inadeguate. E per ristrutturarle c’è un problema di costi: a Torino sono serviti 450mila euro per metterne a posto solo 5. Parole pesanti, anche se il vicedirettore della Pubblica sicurezza conclude che, nell’emergenza, le forze dell’ordine faranno «fino in fondo il proprio dovere». In Senato arriva nel primo pomeriggio la Severino. Che commenta, piuttosto stizzita: «Le norme sono state concordate totalmente con il ministro dell’Interno, alla presenza dei vertici di polizia. Attendo, naturalmente, di conoscere le considerazioni della Commissione». Un modo per far capire che il ministro questo «fuoco amico» proprio non se l’aspettava.
Infatti, 3 ore dopo arriva in soccorso la collega Anna Maria Cancellieri. Il ministro dell’Interno conferma, in una nota, che le norme del decreto svuota-carceri, in particolare quelle sulla custodia in camere di sicurezza degli arrestati, «sono state prese in modo collegiale dal governo», valutati sia lo stato delle infrastrutture che l’aggravio per le forze dell’ordine. Per la Severino il caso è chiuso: «Non ho sentito il prefetto, ma ho letto il documento del Viminale: le camere di sicurezza sono state giudicate idonee».
La polemica però è già scoppiata, lo nega solo Achille Serra dell’Udc. Qualcuno ricorda che il presidente del Senato, Renato Schifani, fu tra i primi a esprimere perplessità, prima di Natale: «Bisogna verificare la vivibilità di quelle celle di sicurezza».
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