
Ilaria Salis? Nem köszönöm, no grazie. A chiedere alla combattiva eurodeputata di Avs di non farsi vedere a Budapest in occasione del Pride di oggi sono stati gli stessi militanti della sinistra ungherese, i compagni cui la Salis voleva portare la sua solidarietà per la spietata repressione del premier Viktor Orbàn. Sarebbe stata la prima volta in cui la ex maestrina rimetteva piede in Ungheria, dopo la spedizione militante del febbraio 2023, finita con il suo arresto per il pestaggio di alcuni militanti di destra. In Ungheria la Salis è ricercata dalla magistratura, ma sarebbe stata intoccabile grazie all'immunità parlamentare. Così aveva preannunciato la sua missione con un post in cui sorrideva dietro il cartello "I'll be marching in Budapest pride".
Niente da fare. A suggerire alla Salis di rinunciare sarebbero stati i suoi compagni locali, preoccupati che la sua presenza venisse vissuta come una provocazione dalle destre e dal governo, rendendo ancora più problematico il Pride (già messo in forse dal divieto del governo). E a chiedere a Ilaria un passo indietro sarebbe stata anche Maja, l'antifascista tedesca che partecipò con lei agli scontri del 2023, e che il suo paese ha riconsegnato senza esitazioni all'Ungheria, dove è in carcere. "Maja è in sciopero della fame e teme, che a causa della presenza di Ilaria, possano esserci ritorsioni su di lei", ha spiegato Benedetta Scuderi, l'eurodeputata di Avs che prenderà il suo posto al Pride di Budapest.
La Salis ripiega così su Diano Marina dove oggi parteciperà a una manifestazione contro l'apertura di un Cpr. E intanto lavora alla battaglia che le sta più a cuore, quella per evitare la revoca dell'immunità parlamentare chiesta a Strasburgo dal governo ungherese. Per adesso, ha già incamerato un risultato importante: allungare i tempi, rinviare il più possibile la decisione della commissione Juri. chiamata a fornire all'aula la sua indicazione (non vincolante, ma quasi sempre accolta) sulla revoca dell'immunità. L'iter in commissione si esaurisce in genere in tre mesi, il caso Salis è aperto ormai da sei mesi senza che se ne veda la conclusione. La commissione ha già interrogato l'eurodeputata italiana; il relatore, il popolare spagnolo Adrian Vasquez Lazara, ha già presentato le sue conclusioni assai argomentate e severe: i reati attribuiti alla Salis non sono stati compiuti nell'esercizio del mandato parlamentare ma in veste di privata cittadina, e legittimarli vorrebbe dire legittimare la violenza. Il 24 giugno tutto era pronto per il voto ma il presidente, il centrista polacco Ilhan Kyuchyuk ha tolto il caso Salis dall'ordine del giorno perché venga esaminato più in là insieme a altre due richieste di revoca presentate dall'Ungheria. La scelta di Kyuchyuk è stata apertamente contestata all'interno della commissione Juri, ma il polacco va avanti per la sua strada e probabilmente neanche alla riunione del mese prossimo verrà messa al voto la decisione sulla sorte della Salis. Tutto slitta a dopo l'estate, con il rischio concreto che l'iter raggiunga la durata record di un anno. Una durata, sostengono i membri conservatori della commissione, del tutto inaccettabile.
Il tempo gioca a favore della Salis, che non resta con le mani in mano e organizza una campagna a propria difesa diffondendo sulle mail di tutti i parlamentari un video accorato: "La immunità parlamentare rappresenta per me la protezione da un processo ingiusto e da una spietata volontà politica di persecuzione. È un voto che riguarda l'Europa e la democrazia.
Non si tratta di sottrarsi alla giustizia, in Ungheria non si cerca giustizia ma vendetta, la condanna è decisa ancora prima del processo". Il Parlamento europeo, dice la Salis, "dovrà prendersi la responsabilità morale e politica di decidere se consegnare una collega nelle mani di un regime autoritario".