Diplomatici arrestati con valigette zeppe di banconote destinate ai talebani, fiumi di soldi pagati ai comandanti degli insorti e paghe ai capi tribù vicini ai ribelli sono i sistemi usati dagli inglesi per ridurre i danni nell’ostica provincia afghana di Helmand. Dove nei mesi scorsi moriva un soldato britannico al giorno. Per non parlare dei tre milioni di dollari spesi nel 2007 a favore di un fallimentare programma di disarmo. Con i soldi inglesi venivano comprate le armi dei talebani sperando che la facessero finita con la guerra santa.
Il Times di Londra conosce bene queste storie, ma preferisce cercare la pagliuzza nell’occhio degli alleati, piuttosto che la trave in quello dei servizi segreti britannici. Alla fine del 2007 Mervyn Patterson, un diplomatico britannico ufficialmente dipendente delle Nazioni Unite e Michael Semple, irlandese della missione dell’Unione europea a Kabul, ma amico dei servizi di Londra, trattavano segretamente con i talebani. Il loro obiettivo, all’insaputa delle autorità afghane, era convincere Mansoor Dadullah, uno dei comandanti più in vista di Helmand almeno ad un cessate il fuoco. Stiamo parlando del fratello di mullah Dadullah, che rapì l’inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo e poi venne scarcerato in cambio della liberazione del giornalista italiano. Il 27 dicembre 2007 i servizi afghani hanno beccato i due «diplomatici» nella provincia di Helmand, con le mani nella marmellata. Ovvero con 150mila dollari in contanti dentro una valigetta e un computer portatile dove sono stati trovati i dati sui pagamenti già versati a Dadullah. Poco dopo la simpatica coppia è stata espulsa su ordine del presidente afghano Hamid Karzai. Gli afghani lo chiamano “Helmand gate”.
Non solo: la stampa inglese ha tirato fuori la storia di numerosi incontri delle spie dell’MI6 britannico con i comandanti talebani. A Musa Qala, una delle spine nel fianco dei soldati di Sua Maestà, gli inglesi si sono comprati l’ex comandante talebano mullah Abdul Salaam Alizai insediandolo come capo del distretto. Nel 2008 gli inglesi hanno finanziato un programma che garantiva una specie di paga ai capi tribù filo talebani. In cambio di 800 sterline (oltre 1000 euro), una cifra considerevole in Afghanistan, dovevano partecipare a due riunioni al mese per cercare di convincere gli insorti a far la pace. L’ex generale dei corpi speciali inglesi, Sir Graeme Lamb, è stato preso come consigliere dal comandante della Nato in Afghanistan, Stanley McChrystal. L’alto ufficiale britannico, in una recente intervista alla Bbc, si è detto convinto che bisognerebbe comprare i talebani per abbandonare le armi. Anche sugli altri contingenti grava il sospetto di pagare gli insorti. I tedeschi si terrebbero buoni almeno un comandante vicino all’Hezb i Islami di Gulbuddin Hekmatyar a Kunduz, nel nord del Paese. I canadesi ci avrebbero provato attorno a Kandahar.
Il Times di ieri ha continuato ad accusare gli italiani con un secondo articolo in cui citano il fantomatico Mohammed Ishmayel. Un comandante talebano, che conferma la storia delle mazzette. I militari italiani che sono stati impegnati nella sua area non l’hanno mai sentito nominare. Invece non è una bufala la storia di un colonna di inglesi, con gente in borghese dell’intelligence, che una notte si è presentata in una delle valli di Surobi a sud est di Kabul.
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