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Afghanistan, Nato all’attacco: uccisi 100 talebani

Secondo l’intelligence i combattenti nemici sono pagati con uno stipendio mensile di 100 dollari

Andrea Nativi

Sono quasi un centinaio i guerriglieri talebani uccisi dalle forze Nato e dell'esercito afghano in Afghanistan tra sabato e domenica, nel quadro della operazione Medusa avviata il 2 settembre nella zona meridionale del paese, vicino a Kandahar, nelle provincie di Panjwayi e nel distretto di Zhari.
Il totale dei talebani e dei combattenti nemici uccisi è salito quindi a 420. Mancano stime sul numero dei feriti, mentre non ci sono prigionieri: i talebani combattono con ferocia, fino all'ultimo. Le forze Nato hanno a loro volta subito complessivamente 5 morti, mentre altri 2 soldati, probabilmente statunitensi, sono stati uccisi mentre erano al seguito di reparti afghani.
Le battaglie degli ultimi due giorni non sono stati scontri ravvicinati: le forze Nato sono infatti riuscite a localizzare in quattro zone diverse gruppi di talebani che si riorganizzavano e preparavano per lanciare contro-attacchi e li hanno fatti a pezzi intervenendo massicciamente con aerei, elicotteri da combattimento e artiglieria. Il tipo di armi di cui molti dei contingenti di Isaf, la forza Nato, sono del tutto o parzialmente carenti. Come è il caso dei reparti italiani.
L'offensiva Nato ha dato quindi i frutti sperati: le truppe sono entrate in quelli che la guerriglia considera i suoi santuari e i talebani, aiutati da membri di gruppi diversi, criminali, mercenari hanno in molti casi deciso di dare battaglia, invece di disperdersi. In battaglie «regolari» le truppe Nato e americane prevalgono largamente, anche se ci si batte su un terreno difficile e in un ambiente spesso ostile. I talebani hanno un armamento migliore rispetto al recente passato, impiegano anche mortai, cannoni senza rinculo e mitragliatrici pesanti, oltre ai consueti lanciarazzi e armi leggere. Ma non basta per affrontare le forze Isaf e statunitensi in battaglie campali.
Certo la guerriglia è tutt'altro che sconfitta: lo conferma il gravissimo attentato suicida di cui è stato vittima Hakim Taniwal, il governatore della provincia di Paktia, a Gardez. Un kamikaze si è avvicinato all'auto su cui il funzionario era appena salito uscendo dal suo ufficio e si è fatto saltare. Nell'esplosione, oltre al governatore, è morto il suo autista e tre poliziotti sono rimasti feriti. Taniwal, uno dei politici e degli amministratori afgani più rispettati, è anche l'esponente governativo più alto in grado ucciso dai talebani. Fonti americane sostengono inoltre che una cellula di kamikaze si nasconde a Kabul con l’obiettivo di lanciare attacchi suicidi contro le truppe straniere.
Secondo l'intelligence i combattenti talebani sono tra i 7.000 e i 12.000, contando anche i miliziani part time, e la loro organizzazione è in grado di pagare ai miliziani uno stipendio mensile di circa 100 dollari: tanti, considerando che un poliziotto non arriva a 70 dollari.
È necessario quindi intensificare gli sforzi, sia sul piano militare, sia nella ricostruzione delle infrastrutture e dell'economia.

La Nato peraltro già fatica a sostenere l'attuale impegno e a Mons, in Belgio, sede del comando militare alleato, ci si chiede come sarà possibile assicurare l'avvicendamento alle truppe britanniche, canadesi e olandesi che oggi si battono nel sud del paese (e se la Gran Bretagna ha accettato di guidare l’Isaf per un turno di 1 anno, difficilmente andrà oltre) e poi allargare l'attività anche alla parte più turbolenta del Afghanistan, in quelle province orientali dove per ora agiscono solo le forze a guida americana inquadrate in Oef, Operations enduring freedom.

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