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Afghanistan, razzi talebani su Kabul: 18 morti

A due giorni dalle cruciali elezioni (i 4 principali candidati), colpiti il palazzo presidenziale e il quartier generale della polizia. Il duplice attacco rappresenta la sfida più eclatante della guerriglia alle istituzioni. Guarda la gallery: Un paese in bilico tra passato e futuro

Afghanistan, razzi talebani su Kabul: 18 morti

Kabul - Era prevedibile che in Afghanistan la situazione fosse destinata a degenerare ulteriormente, nell’imminenza delle cruciali elezioni del 20 agosto: ma, a due giorni dal voto, i Talebani si sono scatenati in un’orgia di violenza forse persino superiore alle aspettative. Quanto meno sotto il profilo degli obiettivi e dell’orchestrazione, se non sotto quello del numero delle vittime, tutto sommato più contenuto rispetto ad altre occasioni.

Kabul sotto i razzi talebani Kabul è stata teatro prima di una serie di attacchi con razzi, almeno uno dei quali ha colpito il Palazzo Presidenziale, nel cuore della città, mentre un altro ha raggiunto poco più tardi il vicino quartier generale della polizia. Dopo le iniziali reticenze, alla fine fonti governative hanno ammesso che uno degli ordigni è piombato sul perimetro esterno della sede della Presidenza della Repubblica, ma senza provocare danni degni di nota. Un portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, parlando via telefono satellitare da un’ignota località ha rivendicato gli attacchi, a suo dire in tutto quattro, sostenendo inoltre che sono stati tre gli ordigni abbattutisi in profondità sul Palazzo Presidenziale. Nessuno è comunque rimasto ferito. Dieci invece, in massima parte donne e bambini, le persone che hanno riportato lesioni a Jalalabad, capoluogo della provincia orientale di Nangarhar, a ridosso della frontiera con il Pakistan: anche su tale città, in passato una delle principali roccheforti degli ex studenti coranici, sono piovuti numerosi razzi all’incirca negli stessi istanti in cui Kabul era sotto attacco.

Gli attacchi kamikaze L’episodio più grave oggi si è però registrato ancora nella capitale dove, alla periferia est, un kamikaze al volante di un’auto-bomba si è scagliato contro un convoglio militare americano, appena partito dalla vicina base di Camp Phoenix con un carico di scorte alimentari e in marcia lungo la strada che conduce a Bagram, una sessantina di chilometri più a nord-ovest, sede di uno strategico aeroporto: almeno sette i morti accertati e 52 i feriti, diversi dei quali in condizioni critiche. Tra le vittime vi sono altresì un imprecisato numero di soldati dell’Isaf, la Forza Internazionale di Assistenza per la Sicurezza guidata dalla Nato: lo hanno reso noto fonti alleate, secondo cui alcuni sono rimasti uccisi, mentre parecchi altri hanno riportato lesioni; nessun dettaglio sulle loro nazionalità, ma il Comando del contingente italiano ha escluso che propri commilitoni siano rimasti coinvolti.

L'eccidio rivendicato dai talebani L’attentatore suicida si è fatto saltare in aria all’altezza di un affollato bazar, e per tale ragione l’onda d’urto ha investito soprattutto semplici civili. Nei pressi però, oltre all’Ufficio Centrale delle Dogane e a una diversa base militare appartenente al contingente britannico, si trova anche un vasto complesso dell’Onu: tre cittadini afghani che vi lavorano hanno subito ferite, e due sono successivamente deceduti. Danneggiato inoltre un veicolo con le insegne delle Nazioni Unite. L’eccidio è stato successivamente rivendicato da un secondo portavoce dei Talebani. Appena sabato scorso, in una prima ostentazione delle loro capacità belliche, i guerriglieri avevano preso di mira con un camion-bomba condotto da un altro attentatore suicida la sede del Comando Centrale della stessa Isaf: sette civili afghani erano morti e un centinaio di persone erano rimaste ferite, compresi diversi militari occidentali; tra questi ultimi, anche un soldato italiano. 

Strage al checkpoint Sempre oggi, ma in precedenza, ancora un kamikaze si era fatto saltare in aria a un posto di blocco nel distretto di Chora, 35 chilometri a nord-est di Tirin Qot, capoluogo della remota provincia meridionale di Uruzgan, da sempre roccaforte dei rivoltosi fondamentalisti: cinque i morti, tra cui tre soldati afghani e due passanti, e altrettanti i feriti. Nella provincia settentrionale di Jawzjan, finora considerata relativamente tranquilla, è invece caduto vittima di un’imboscata uno dei 72 candidati in lizza per il locale Consiglio Provinciale, che insieme a quelli di tutto il Paese sarà rinnovato con la consultazione di giovedì, quando si voterà anche per le presidenziali. La vittima, Abdul Rahim, è stata falciata a colpi di arma da fuoco mentre si stava recando a tenere un comizio. Nel complesso ammontano già a non meno di quattro i candidati assassinati in tutto l’Afghanistan in vista del voto. I talebani del resto, dopo aver apertamente minacciato di assaltare i seggi elettorali e addirittura di mutilare chi vi si recherà, in giornata avevano rinnovato il loro monito: "L’Emirato Islamico ancora una volta comunica a tutti i compatrioti che nessuno deve prendere parte a questa procedura americana, estranea e truffaldina. Debbono invece boicottarla", recita un comunicato diramato dai vertici della guerriglia ultra-islamica e recapitato ai mass media, specie stranieri.

Le minacce dei talebani "Tutti i mujaheddin - prosegue la nota - debbono portare a compimento i piani contro il nemico, sulla base del programma precedentemente assegnato loro, e cioè far fallire il complotto ordito dai nemici dell’Islam e del nostro Paese. Se a qualcuno i mujaheddin nuoceranno per aver partecipato all’iter elettorale", è la sinistra ripetizione del monito, "sarà direttamente responsabile per quanto gli sarà capitato, giacchè i mujaheddin hanno ripetutamente lanciato avvertimenti al riguardo. Tranne che in poche grandi città e nei capoluoghi di alcune province", sottolineano in conclusione nel comunicato i Talebani, "non è stato fatto nulla in nome delle elezioni, e non vi è dunque alcuna possibilità di tenerle". Nonostante un’atmosfera che si fa ovunque sempre più incandescente, sebbene anteriormente all’odierna ondata di attacchi dei ribelli, l’Isaf aveva annunciato la sospensione durante le elezioni delle proprie "operazioni offensive" in corso, con l’unica eccezione di quelle "ritenute necessarie per proteggere la popolazione": in tal modo la Nato ha voluto accogliere l’appello a favore di una Giornata della Pace, lanciato dal presidente uscente Hamid Karzai e dal suo esecutivo.

La missione dell'Isaf In una nota l’Isaf precisa che le truppe multinazionali pertanto "si concentreranno sul compito di tutelare la popolazione dell’Afghanistan dagli insorti, così da permetterle di esercitare liberamente il suo diritto a scegliere il proprio nuovo presidente e i propri rappresentanti a livello provinciale". Frattanto, nella provincia occidentale di Herat, truppe italiane assistite da elementi delle forze di sicurezza afghane hanno sgominato una cellula terroristica dedita alla confezione e al posizionamento di bombe per compiere attentati terroristici; catturati una decina di miliziani, e confiscato ingente materiale per la fabbricazione degli ordigni. Al sud, nella turbolenta provincia di Farah, bersaglieri del Primo Reggimento inquadrati nella Brigata Paracadutisti ’Folgorè sono inoltre stati attaccati dai ribelli vicino al villaggio di Pusht Rod: appoggiati da soldati regolari afghani, e grazie anche al successivo intervento di elicotteri A-129 "Mangusta", i militari italiani hanno comunque respinto e messo in fuga gli assalitori.

Non ci sono stati feriti tra le loro file.

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