Si batteva per i diritti umani in Afghanistan e per questo è stata uccisa a sangue freddo. Si chiamava Sitara Achakzai ed è stata uccisa laltro ieri a Kandahar. La donna, 52 anni, aveva vissuto in Germania negli anni di regime talebano. Rientrata nel 2004 a Kandahar, sua città natale ma anche culla del potere talebano, la Achakzai era conscia di essere nel mirino. Era stata eletta nel Consiglio provinciale, che il mese scorso era stato attaccato da alcuni kamikaze che avevano fatto 17 vittime. «Scherzava sul fatto di sapere che aveva una taglia di 300.000 rupie sulla sua testa» ha detto una amica della donna. Achakzai è stata uccisa mentre tornava a casa da una riunione del Consiglio provinciale. La sua morte, rivendicata dai talebani, è arrivata il giorno dopo che uno dei più alti responsabili religiosi della minoranza sciita ha difeso la controversa legge sulle donne approvata del parlamento. Secondo Mohammad Asif Mohseni le critiche occidentali contro il testo che, tra laltro, di fatto autorizza gli stupri in ambito familiare, sono «uninvasione culturale». Parlando in ununiversità di Kabul, Mohseni sabato aveva attaccato la posizione presa da molti Paesi occidentali tra cui lItalia che hanno chiesto al presidente Hamid Karzai una revisione della legge. «Questa pressione politica - ha detto - è uninvasione culturale, che parte dal principio che una cultura è meglio di altre».
La morte di Achakzai allunga lelenco delle donne uccise per la loro attività in difesa dei diritti umani, tra le quali le giornaliste Shikeba Sanga Amaj e Zakia Zaki, trucidate nel 2007, o la politica Safia Amajan assassinata nel 2006. Ma è anche solo un numero in giornate punteggiate di attacchi e attentati talebani e reazioni da parte delle forze occidentali.
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