Aggressione no global ai deportati E la piazza rossa fischia il sindaco

Un triste copione. I fischi, gli insulti, le urla «vergogna», «fascisti». I tentativi di sfondare il cordone di protezione che accompagnava il sindaco e il presidente della Provincia che si sono uniti al corteo da corso Vittorio Emanuele fino a piazza Duomo. E il clou sul palco della manifestazione organizzata dall’Anpi per celebrare il 25 aprile, con la voce di Guido Podestà coperta dall’inizio alla fine dai fischi, al suo fianco c’è Letizia Moratti. Protestano anche i partigiani con il fazzoletto tricolore intorno al collo, i comunisti dietro allo striscione «resistere, resistere» di Rifondazione, proteste che non si interrompono neanche quando prende il microfono il lavoratore dell’ex Eutelia, azienda in crisi. Ma è quando gli autonomi del Cantiere riescono a sfondare il cordone di sicurezza della polizia e arrivano quasi fin sotto al palco («il nuovo millennio ha bisogno di nuovi partigiani» è scritto sullo striscione) che il vicepresidente della Federazione italiana associazioni partigiane, Mario Artali, si sfoga: «Sono dei folli, io non voto per Berlusconi ma per il Pd, e dico che questo scenario è avvilente e danneggia la crescita del Paese». Amareggiato anche Carlo Smuraglia, presidente del Comitato permanente antifascista di Milano che per settimane aveva sperato che le istituzioni partecipassero alla manifestazione e di fronte al brutto spettacolo di piazza Duomo ringrazia la Moratti e Podestà e attacca duramente i contestatori: «Per tanti anni siamo stati da soli a ricordare questa data, la resistenza e i suoi valori. Se ora le istituzioni scelgono di venire in piazza è positivo. Poi ci sono mille modi di manifestare il proprio dissenso, possiamo discutere in sede politica se la pensiamo in modo diverso su altri temi, ma questa deve rimanere una festa».
Per bloccare gli esponenti dei centri sociali sono intervenuti anche i reduci dei campi di sterminio nazisti, insultati a loro volta al grido di «fascisti» e sporcati da lanci di birra e vino.
Podestà incassa i fischi ma assicura: «Non mi sono pentito». Le proteste se le aspettava, «sappiamo che qualcuno fischia a prescindere, c’è un modo di fare contestazione che impedisce all’altro di esprimersi. Dirmi fascista è una vecchia formula per demonizzare l’altro» ma i discorsi sabato del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e ieri del premier Silvio Berlusconi «sottolineano che il 25 aprile deve essere una festa di riconciliazione e di unità, una festa che sembrava monopolizzata da una parte sola, ma che invece è e deve essere di tutto un Paese». Discorsi che il sindaco Letizia Moratti suggerisce ai giovani che protestano rumorosamente «a rileggere con attenzione». Più della piazza rumorosa preferisce sottolineare gli «abbracci e le tante manifestazioni di affetto da parte dei partigiani». Uno su tutti: il presidente onorario dell’Anpi che ieri ha festeggiato i novant’anni dalla casa di cura e ha chiamato al cellulare la Moratti («l’ho invitato l’anno prossimo all’inaugurazione della Casa della memoria»). Ma se già ieri, anche da parte del sindaco non sono mancate le critiche al questore, responsabile dell’ordine pubblico - «credo che Milano meriti una gestione diversa della piazza» ha accusato, seguita a ruota da Podestà «chiederò conto di come sia possibile che un camion arrivi fin sotto il palco» -, la Moratti sminuisce la potenza della protesta. In 50mila secondo gli organizzatori hanno sfilato in corteo. E il sindaco puntualizza che «non è vero che a Milano ci sia una contestazione più forte che in altre città, c’è stato un piccolo gruppo organizzato con gli altoparlanti e che è stato capace di mettere in atto una protesta molto rumorosa. Ma è una minoranza». La solidarietà alle istituzioni arriva anche dall’onorevole del Pd Emanuele Fiano, ex capogruppo del centrosinistra a Palazzo Marino, che dal palco assiste alla scena e ricorda che «i partigiani sono morti per permettere che in democrazia potessero parlare anche quelli che non sono d’accordo con il nostro pensiero, i fischi sono un brutto esempio». «Quando ho visto insultare i deportati dei lager nazisti ho provato schifo e nausea» commenta anche il capogruppo provinciale del Pd, Roberto Caputo.

Il presidente del consiglio provinciale Bruno Dapei (Pdl) accanto a Podestà sottolinea che «a fronte di un discorso aperto e plurale come quello che ha letto, portato con il coraggio della verità nel cuore di Milano, sia ormai sotto gli occhi di tutti che i fischi e le polemiche fanno parte solo di un triste rituale di cui il Paese farebbe volentieri a meno».

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