da Roma
Riesplode, a sinistra, la polemica sul corridoio 5, la linea ad alta velocità che dovrebbe collegare Lione a Torino. Per ora la rissa è localizzata tra Bruxelles e Strasburgo dove Vittorio Agnoletto (Rifondazione) chiede le immediate dimissioni dellex-commissario Loyola De Palacio - attualmente coordinatrice del corridoio - trovandosi contro esponenti della Margherita e dei Ds. Ma se la questione dovesse valicare le Alpi, non cè dubbio che a pochi giorni dalla sua formazione, il governo Prodi si verrebbe a trovare davanti a un muro e a dover decidere se bypassarlo (rinunciando al percorso ad alta velocità e ai finanziamenti Ue) o se andarci a sbattere contro, con tutte le conseguenze del caso.
Tutto nasce ieri mattina, un po a sorpresa. Agnoletto convoca una conferenza stampa e fa sapere di voler chiedere alla commissione Barroso «le dimissioni immediate» dellex-commissario ai Trasporti (con Prodi) perché a suo modo di vedere ha accreditato «uno studio di parte e scientificamente inattendibile» con cui si è assicurata la mancanza damianto nelle terre della Val di Susa che devono essere oggetto di scavi per la costruzione dei tunnel ferroviari. Spiega leuroparlamentare di Bertinotti che il rapporto che certificava lassenza di rischi, presentato in prefettura, a Torino, il 26 aprile scorso, è sì della società danese Cowi, ma è frutto delle ricerche della Ltf, e cioè la Lyon-Turin Ferroviaire, società interessata ai lavori. E dunque, per lui, inattendibile. «Perfino lunica documentazione pubblica - rincara Agnoletto - e cioè le analisi di Arpa Piemonte, agenzia regionale per la protezione ambientale, evidenzia come le ricerche siano state eseguite su campioni geologici estratti dalla Lft a Mompantero!». Insomma tuttaltro che un rapporto «indipendente», per cui le dimissioni della spagnola Loyola de Palacio sono il minimo. E va da sé che il corridoio 5 va bloccato.
Si attendeva probabilmente una qualche solidarietà, Agnoletto. Mentre pochi attimi dopo si trova davanti un asprigno comunicato a firma di Costa, Susta, Prodi (Vittorio, fratello di Romano), Pistelli e Toia (tutti della Margherita), di Vincenzi e Gottardi (Ds) e Locatelli (Rosa nel Pugno) che rileva come «la sola ipotesi paventata potrebbe sembrare folkloristica se non fosse invece lennesimo tentativo di usare tutti gli strumenti possibili, compreso quello della pura denigrazione, non solo per bloccare il progetto Tav in Val di Susa, ma anche per sconfessare la concertazione fortemente voluta dal governo Prodi, dalla giunta regionale del Piemonte e dalle autorità locali, sindaco di Torino in testa».
Un rifiuto in piena regola anche al solo pensiero di esaminare la questione. Del resto - dicono gli 8 europarlamentari dellUlivo - «lArpa ha guidato le operazioni agendo in coerenza con quanto disposto dalla commissione Rivalta. Ha scelto i campioni sulla base di indagini molto accurate, decidendo volutamente di non procedere casualmente nei carotaggi, ma concentrando lattenzione sulle rocce che potevano contenere amianto».
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