Politica

«Ai clandestini 67 euro ai nostri anziani solo 37»

Il sindacato: i contributi troppo elevati alimentano l’illegalità nelle coop sociali

Gaetano Ravanà

da Agrigento

La moltiplicazione delle cooperative che operano nel campo dell'immigrazione clandestina prendendosi cura dei minori che sbarcano sulle coste siciliane, non poteva passare inosservata. Se da un lato la Prefettura di Agrigento ha avviato una indagine conoscitiva per accertare quante cooperative ci sono in provincia di Agrigento e come operano e se la Guardia di finanza ha aperto un fascicolo, dall'altro lato c'è da registrare la presa di posizione della Cisl agrigentina. «Ciò che sta accadendo in questi giorni con la chiusura, a causa di carenze igienico-sanitarie, di una cooperativa che ha ospitato minori extracomunitari e le molteplici richieste di accreditamento - afferma il sindacalista Maurizio Saia - ci dà l’opportunità di richiedere chiarezza sulle attività sociali, sulle condizioni in cui vivono gli ospiti delle case di riposo e delle case alloggio, sull’integrazione sociale e sulla gestione del personale dipendente».
Per il sindacato non bisogna meravigliarsi dell’impennata delle richieste di accreditamento per le cooperative che vogliono svolgere questo servizio, dovute probabilmente al contributo pubblico pari a 67 euro al giorno. «Già questo mi sembra un vero e proprio sperpero di denaro - ha continuato Saia - mentre per ciascun minore extracomunitario il governo prevede una spesa giornaliera di 67 euro, il contributo destinato ai nostri anziani autosufficienti delle case di riposo è di appena 37 euro». Per la Cisl occorre vigilare al momento della stipula della convenzione e dell’assegnazione dei minori alle cooperative e verificare se le coop rispettano i contratti nazionali del lavoro per i dipendenti; se dispongono di personale qualificato; se garantiscono l’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati e se i locali sono idonei a tale servizio. Tutto ciò per evitare che la cooperazione sociale venga intesa come strumento per ottenere benefici economici e d’impresa previsti dalla legge, divenendo una scorciatoia per creare agevolmente, un’impresa individuale. «Le cooperative sociali nella nostra provincia vengono per la maggior parte dei casi gestite in maniera padronale - ha spiegato Saia -: numerosi sono i lavoratori, spesso soci fittizi, che si rivolgono al sindacato per vedere riconosciuti i loro diritti. Ci chiediamo come alcune discutibili cooperative possano garantire il perseguimento dell'interesse generale della comunità per cui sono state create, la promozione umana e l'integrazione sociale, come previsto dalla legge 381 del 1991».
La Cisl agrigentina ha chiesto pertanto alle autorità competenti di accertare se le coop svolgano realmente le attività previste dalla legge o se rappresentino, invece, un nuovo fenomeno di illegalità diffusa.

«Purtroppo - ha concluso Saia - la seconda ipotesi è quella che riteniamo maggiormente probabile».

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