Lassessore Romano Colozzi, membro del Cda dellAifa e assessore alle Finanze della regione Lombardia, è già al lavoro a Milano dopo la maratona notturna romana che si è conclusa con il via libera alla pillola abortiva in Italia. Una scelta approvata a maggioranza dagli altri quattro consiglieri. Con il suo parere contrario.
Assessore Colozzi, è deluso da questa scelta?
«Pensavo ci fosse più condivisione, bisognava ragionare ancora un po. Più che deluso mi è sembrata una forzatura chiudere così velocemente. Ci sono diversi nodi da risolvere».
Cominciamo dal nodo centrale.
«LAifa ha deciso che tutto il procedimento, dallassunzione della prima pillola allespulsione del feto, debba avvenire in ospedale entro la settima settimana di gravidanza. Regola che rischia di essere vanificata».
Perché?
«Nessuno può costringere una donna a rimanere in clinica salvo nel caso di malattia infettiva. Di conseguenza potrebbe assumere la prima pillola e poi tornare a casa ad abortire. Con parecchi rischi».
Quali per esempio?
«Innanzitutto le complicazioni mediche, le emorragie. Inoltre, il nostro comitato scientifico ci ha spiegato che nel caso di un ripensamento dopo lassunzione della pillola abortiva, il feto può subire danni. Insomma nascerebbero bambini con gravi malformazioni».
Da qui la vostra richiesta di un controllo assiduo in ospedale.
«Assolutamente. Però mi domando se noi dellAifa abbiamo il potere di imporre delle regole certe. Insomma, credo che si debba fissare un protocollo molto severo e invito il ministero della Sanità a vegliare su questo fronte».
Viale ha già detto che un aborto entro la settima settimana si può fare anche a casa.
«La sua è una provocazione, ma questo rafforza la mia richiesta: servono regole certe a cui tutte le regioni devono attenersi».
La Lombardia ad esempio, come si comporterà?
«La pillola abortiva tra un paio di mesi sarà a disposizione in tutte le strutture ospedaliere pubbliche della regione. Però usarla non sarà un obbligo».
Si riferisce ai medici?
«Esattamente. Io credo che nella distribuzione della pillola debba prevalere unobiezione di coscienza come in quella chirurgica. Nessun medico deve sentirsi costretto a procedere. Soprattutto perché laborto chimico potrebbe essere dannoso per chi lo sceglie».
Vuol dire che il farmaco non è sicuro?
«La Ru486 va abbinata ad altri due farmaci che provocano lespulsione del feto. Il Cts ha consigliato il Misopristolo, però lAifa ha deciso che sarà utilizzato il Geneprost che invece può avere conseguenze maggiormente avverse».
Può causare danni alla salute?
«I tecnici lo sconsigliano ma non dicono perché. E così ho chiesto chiarimenti in sede di Cda. Ma mi è stato detto che il Misopristolo non si può usare perché è commercializzato per un altro scopo».
Allora, visto che un medicinale non si può usare, se ne sceglie un altro meno sicuro?
«Esatto. E questa fretta di approvare i farmaci mi ha sorpreso. Qui stiamo parlando di medicinali che possono avere degli effetti collaterali. Avrei aspettato a capirne di più prima di dire sì allaborto chimico».
Il sottosegretario Roccella ha parlato di morti «sospette».
«E io ho chiesto chiarimenti anche su questo, ma mi hanno risposto che quelle segnalazioni non sono significative e che non aggiungono nulla allistruttoria effettuata».
Non cè un po di leggerezza dietro questo sì dellAifa?
«È sicuramente stata una decisione affrettata. Qualcuno ha detto che dovevamo mettere un punto fermo altrimenti la ditta produttrice della pillola avrebbe potuto chiedere la commercializzazione in farmacia in fascia C».
Cè il pericolo di un uso incontrollato della Ru486?
«La circolazione dei farmaci clandestini esiste eccome. E io temo che per molte donne laborto chimico possa diventare una pratica ordinaria. Si prende solo una pillola, come nel mal di testa, ma si elimina un bambino».
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