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Ai potenti del mondo un appello laico alla libertà di culto

Ai potenti del mondo un appello laico alla libertà di culto

«Non si può certo rimproverare al Papa di non aver parlato chiaramente. Ognuno può comprendere senza diffi­coltà ciò che egli ha detto». Così il por­tavoce vaticano padre Federico Lom­bardi­ha commentato il discorso tenu­to ieri da Benedetto XVI al Corpo diplo­matico. Un discorso forte che que­st’anno marca una svolta significativa rispetto al passato. Solitamente, infat­ti, il tradizionale messaggio agli amba­sciatori in occasio­ne degli auguri d’ini­zio anno era dedicato a una panorami­ca sullo «stato del mondo»: emergen­ze umanitarie, guerre aperte, focolai di crisi, corsa agli armamenti, povertà. Questa volta, invece, il Papa ha pro­posto ai diplomatici dei 178 Paesi ac­creditati presso la Santa Sede uno sguardo sul mondo attraverso la lente della libertà religiosa, una lettura del­la realtà internazionale attraverso la chiave interpretativa di quella libertà definita «il primo» dei diritti umani, di­mensione «innegabile e incoercibile». L’uomo è un «essere religioso» e se si trascura o si nega questo aspetto, ha spiegato il Pontefice, «si creano squili­bri e conflitti». Il discorso del Papa è stato al contem­po coraggioso e laico. Coraggioso per­ché Benedetto XVI, pur riconoscendo alcuni passi avanti e la crescita di una sensibilità maggiore verso la «grave fe­rita » rappresentata dalle violazioni delle libertà religiosa, non ha manca­to di appellarsi a leader politici e ai ca­pi religiosi, chiedendo loro di garanti­re sicurezza alle minoranze discrimi­nate, perseguitate, vittime del terrori­smo, come sono oggi, in particolare, quelle cristiane. Laico perché, ancora una volta, Rat­zinger si sottrae all’idea dello scontro di civiltà presentato come inevitabile, e invita invece a «riconoscere la gran­de lezione della storia» affermando che non si può negare «il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà». In questo senso e in questa luce va letta la decisione di ripetere il raduno interreligioso di As­sisi per invocare la pace, a 25 anni di distanza dal quello convocato da Gio­vanni Paolo II, per togliere alibi e giu­stificazioni a chi strumentalizza la fe­de incitando all’odio e alla violenza. Ma il discorso papale è laico anche perché responsabilizza governi e isti­tuzioni, invitandoli a garantire quella tranquillitas ordinis la cui tutela com­pete alle autorità civili. È stato lo stes­so Concilio Vaticano II, nel documen­to sulla libertà religiosa Dignitatis hu­manae , a iscrivere questo diritto tra quelli che devono essere tutelati e pro­mossi da «ogni potere civile». Alle au­torità, il Papa chiede anche di non cre­are diverse gradazioni di gravità del­l’intolleranza, a seconda delle religio­ni coinvolte, finendo per considerare in fondo «meno gravi», come spesso capita, gli atti discriminatori contro i cristiani. Il messaggio di Benedetto XVI rap­presenta poi un richiamo forte all’Oc­cidente. Quell’Occidente che parla di tolleranza e pluralismo, ma intanto emargina la religione, la relega nel pri­vato, le nega valenza pubblica. Quel­l’Occidente dove si pretende che i cit­tadini mettano da parte il loro credo e le loro convinzioni religiose e morali; e dove nel nome del rispetto delle altre fedi si bandiscono dalla vita pubblica feste e simboli religiosi.

Il Papa,all’Oc­cidente debole, ai Paesi dove la laicità finisce talvolta per sfociare nel laici­smo, ricorda che non è tagliando le proprie radici religiose e culturali che si costruisce il futuro.

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