"Vorrei liberarla dal velo": il dilemma di una madre italiana e l'integrazione che non c'è

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"Vorrei liberarla dal velo": il dilemma di una madre italiana e l'integrazione che non c'è
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Signora Valeria, avevo qualche dubbio se questo suo spazio fosse il «luogo adatto» per la mia lettera, poi vedendo che lei non tratta solo temi di amore in senso convenzionale ma anche altre cose interessanti, ho pensato di scriverle. Le spiego il mio problema e cerco di farla breve. Mia figlia, adolescente, frequenta una classe multietnica. Io credo che sia una grande ricchezza. In questo modo, infatti, ha occasione di conoscere e frequentare persone di ogni estrazione sociale e provenienza. Di recente, però, mi è capitato di toccare con mano quanto possa essere dura convivere con un «muro» fatto di ignoranza, luoghi comuni e secoli di arretratezza. Premetto che non penso né ho mai pensato che la nostra cultura occidentale sia superiore alle altre. Però, quando ho visto che, dall’oggi al domani, ad una compagna di classe di mia figlia è stato imposto il velo. Non uno di quelli «blandi», ma abbastanza pesante. La ragazza l’ha accettato con qualche difficoltà, però, come le hanno fatto capire, non può discutere, lo deve mettere e basta. Io, quando la vedo a casa mia, vorrei tanto strapparglielo dalla testa e «liberarla» da quel giogo. Però sono certo che le farei più danni che altro. Mi dispiace davvero tanto per quella ragazza, e mi dispiace anche per mia figlia, a cui non so dare una risposta sincera.
Claudia M

Cara Claudia, io invece direi che può essere estremamente sincera con sua figlia. Non può certo sentirsi responsabile per le culture altrui e per ciò che comportano. Tra l’altro credo che questa spinta all’integrazione a tutti i costi abbia avuto il paradossale effetto di respingerle senza aver voglia di comprenderle quando invece in ognuna ci sono ragioni e significati e storia estremamente affascinanti e perfino coerenti col loro nucleo. Ma averci «stipati» tutti in convivenze improbabili e senza regole ha fatto sì che ci concentrassimo solo sugli aspetti negativi delle culture altrui senza tentare nemmeno di comprenderne l’origine. Vale per noi con le «altre» usanze e vale per gli «altri» nei confronti delle nostre. Passiamo il tempo a difenderci e a rifiutare, ormai lo facciamo anche il nostro prossimo più prossimo.

È normale che la compagna di sua figlia, che è cresciuta e probabilmente nata qui, abbia difficoltà col velo o con tutto ciò che esportato in un altro mondo sembra senza senso. È uno spaesamento a trecentosessanta gradi, quindi. Peggio di così non si poteva fare. Ma le spiegazioni non possono mai nuocere.

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