Guido Mattioni
nostro inviato a Parma
«Assolutamente no!». Anche ieri mattina Pietro Errede, sostituto procuratore della Repubblica di Parma, aveva tagliato corto così, dribblando il drappello di cronisti accampati in vicolo San Marcellino. Anche la loro domanda, del resto, era stata sempre la stessa. La medesima rivolta fino allo sfinimento a tutti gli inquirenti dal 3 marzo scorso, cioè dall'indomani del sequestro del piccolo Tommaso Onofri: «Avete qualche novità da darci?». Interrogativo andato ogni volta puntualmente insoddisfatto in un mare di fragorosi silenzi. E senza nemmeno l'accenno di un garbato sorriso di doléance.
Invece ieri qualcosa è finalmente trapelato. Un decreto «di esibizione e sequestro» di documentazione bancaria disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Bologna per «la necessità di acquisire agli atti del procedimento penale» gli estratti conto «dal 1° gennaio 2005 alla data odierna (6 marzo 2006, ndr)» relativi a conti correnti, depositi titoli, cassette di sicurezza e a qualunque altro rapporto bancario intestati a quattro persone: Paolo Onofri e Paola Pellinghelli, ovvero il papà e la mamma del piccolo Tommaso; Anna Onofri, sorella di Paolo, residente a San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona; e infine Giorgio Coletta, il marito di quest'ultima.
Un provvedimento quantomeno eloquente. Non erano infatti trascorsi nemmeno quattro giorni dal rapimento, che gli inquirenti avevano già messo sotto osservazione proprio i familiari più stretti di Tommy. Non necessariamente per trovare un colpevole, ma più probabilmente per capire se dietro una famiglia all'apparenza come tante potessero nascondersi rancori più o meno antichi. Sensazione confermata dal fatto che meno di una settimana dopo, l'11 marzo, con provvedimento analogo, l'arco temporale della documentazione bancaria da acquisire era stato esteso, andando a scavare più indietro nel tempo: dall'1 gennaio '99 al 31 dicembre 2004. Già diversi giorni fa, del resto, si era parlato di 190 milioni di vecchie lire transitati a rate tra i conti di Paolo e sua sorella. Questione chiarita ieri dalla stessa Anna: la cifra, eredità di una zia, era stata affidata a Paolo che poi, d'accordo con la sorella, gliela avrebbe trasferita un po alla volta.
Ma non era finita. Con decreto successivo, datato 15 marzo, la richiesta di «acquisizione di atti, documenti e corrispondenza bancaria» veniva fatta dal procuratore aggiunto della Repubblica di Bologna, Silverio Piro. Estendendo la ricerca ai conti e ai depositi di un estraneo alla famiglia Onofri. A un conoscente: quel Pasquale Giuseppe Barbera, piccolo imprenditore edile nativo di Pantelleria finito sotto i riflettori della cronaca per aver eseguito i lavori di ristrutturazione della misteriosa cantina di via Jacchia di proprietà di Paolo Onofri. L'ultimo atto della richiesta di documentazione è stato la sollecitazione in tal senso alla direzione centrale dell'Abi, in data 17 marzo. Chiedendo ai vertici dell'Associazione bancaria italiana «di voler reindirizzare alle sedi centrali degli istituti di credito su tutto il territorio nazionale gli acclusi decreti». Con l'invito a inviare i risultati direttamente alla Squadra Mobile di Parma.
E mentre ieri sera il papà di Tommy, dalle telecamere della trasmissione Matrix, rivolgeva un toccante appello a «chi tiene mio figlio», chiedendosi «se ha una coscienza, se ha un cuore» e dicendosi «disposto a prendere il suo posto», si diffondeva una notizia piena di speranza, anche se formulata in modo abbastanza sibillino.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.