Milano - Air France - finora data, nonostante tutto, come il candidato in vantaggio nell’acquisizione di Alitalia - ieri sera ha fatto sapere di «essere fuori dai giochi». Nessuna ripresa di trattative, nessun nuovo piano su cui discutere. «Out of the game» ha detto, in inglese, Jean Cyril Spinetta a uno dei suoi collaboratori più stretti.
Il colpo di scena è della tarda serata, quando Air France ha diffuso uno scarno comunicato trilingue nel quale, con stile asettico, precisa la propria posizione. È la risposta a una lettera inviata venerdì a Parigi dal presidente di Alitalia, Aristide Police, nella quale questi chiedeva quale fosse l’orientamento della holding francese dopo la rottura delle trattative del 2 aprile scorso. «A seguito della richiesta di Alitalia di chiarire la situazione legale successiva alla rottura delle negoziazioni fra Air France-Klm e Alitalia - si legge nella nota -, Air France-Klm ha comunicato ad Alitalia che gli accordi contrattuali annunciati il 14 marzo scorso con l’obiettivo di lanciare un’offerta pubblica di scambio su Alitalia non sono più validi dal momento che non sono state soddisfatte le condizioni preliminari al lancio dell’offerta». Fin qui nulla di nuovo: infatti che quel contratto fosse decaduto era nei fatti. Tuttavia, sono le parole di Spinetta a far intendere la portata della posizione assunta da Air France. Dice il presidente francese: il piano industriale messo a punto tra dicembre e gennaio non è da ritenere più valido, per il sensibile aumento del prezzo del petrolio da un lato e per il progressivo deterioramento delle condizioni di mercato dell’Alitalia. La previsione di un ritorno di Alitalia al pareggio nel 2010 non è più realistica. Oggi, ha detto chiaramente, è un dossier chiuso, siamo «fuori dai giochi». Spinetta ha tenuto anche a precisare che l’arretramento di Air France non ha nulla a che vedere con il mutato contesto politico italiano.
Improvvisamente, la situazione cambia. Il candidato «forte», al quale più volte ha fatto riferimento lo stesso Silvio Berlusconi, e al quale anche ieri i sindacati lanciavano segnali distensivi (Epifani, Cgil), non c’è più. È un arretramento tattico? Air France rientrerà ad altre condizioni, ora o più avanti? Dalle dichiarazioni, non sembra. Tutto lascia intendere che la reazione di Parigi sia una risposta a richieste (dirette o indirette) arrivate sottotraccia in questi giorni, e giudicate «irricevibili» ancor prima di prendere forma. Per esempio, quelle di una governance che tutelasse i diritti italiani; o quella di qualche compromesso su Malpensa, che Air France ormai vede come il fumo negli occhi.
E adesso? Se il prestito ponte da 100-150 milioni prima era urgente, adesso è vitale. No comment del governo, ma indiscrezioni della notte ipotizzavano un suo varo già oggi, al massimo domani. Il governo, in questa situazione di emergenza - con una compagnia alla canna del gas e senza un reale pretendente pronto ad acquistarla - potrebbe anche rischiare la procedura d’infrazione da parte della Ue per aiuto di Stato e deliberarlo in ogni caso; è già successo in passato per la greca Olympic, e i «venti» in Europa non sono più quelli di qualche mese fa soltanto. La Ue avrebbe accettato un prestito solo come «portage» verso un acquirente vero, che oggi non c’è.
L’uscita di scena di Air France è stata commentata come «disastrosa» da Francesco Rutelli, come frutto del «nuovo asse Pdl-Lega». Ma potrebbe accelerare la scelta italiana tanto accarezzata dalla nuova maggioranza ma che finora non ha trovato espressione.
La via più concreta è un ritorno in campo di Air One, supportata da banche e gruppi industriali italiani, nella speranza che si tratti di una soluzione con presupposti industriali sufficienti a riassettare Alitalia. L’alternativa è una sola, drammatica: la via del tribunale, il commissario. Con tanti avvoltoi pronti a spartirsi, a poco prezzo, quel che resterà di Alitala.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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