Air France «svaluta» Alitalia Non strategica la quota del 2%

Paolo Stefanato

da Milano

Schiaffo da Parigi: il gruppo Air France-Klm ha svalutato di 9 milioni la partecipazione del 2% detenuta in Alitalia, contabilizzandola, nel bilancio al 31 marzo 2006, 32 milioni, dopo avere sottoscritto per 25 milioni l'aumento di capitale di fine 2005. La svalutazione è legata al fatto che la quotazione di Alitalia «è ribassata in modo significativo» nell'esercizio al 31 marzo 2006 (ieri il titolo a Piazza Affari ha registrato più 0,97% secondo la Borsa, meno 0,26% secondo l’Alitalia). Il valore della quota era 16 milioni nel precedente esercizio, prima della ricapitalizzazione da 25 milioni. Nel bilancio la quota Alitalia è contabilizzata, come prima del resto, tra le partecipazioni «non strategiche».
Oggi la capitalizzazione di Air France-Klm è 4,65 miliardi, quella di Alitalia 1,22; un rapporto, all’incirca, di quattro a uno. Nove anni fa - 1997 - il rapporto era di 2-2,5 a uno, due volte e mezza: Air France valeva «solo» il doppio di Alitalia, o poco più. E in quel momento la compagnia parigina (che era al 100% statale) soffriva di una profonda crisi, che l’Alitalia guidata da Domenico Cempella stava invece risolvendo. Perchè citiamo proprio il 1997? Perchè quell’anno un banchiere d’affari, Pierdomenico Gallo, studiò un’integrazione tra i due vettori (alla quale fu poi preferita l’intesa con Klm).
Racconta Gallo: «La Gallo advisory ebbe l’incarico dall’Anpac, il sindacato piloti dell’Alitalia, di curare la trasformazione in azioni dei loro tagli retributivi. I piloti entrarono in società e ottennero un consigliere. Il nostro rappresentante a Parigi era Rothschild Francia, di cui era direttore Michel Jacob: e loro erano consulenti di Air France. L’Alitalia stava cominciando a ipotizzare una partnership, e si faceva il nome degli olandesi della Klm. Jacob disse: parliamo con Air France. Tra la primavera e l’estate del 1997 ci incontrammo più volte con il neo presidente Jean Ciryl Spinetta, e con le strutture finanziare della compagnia». Avevate un incarico? «No, ma avevamo maturato una buona esperienza su Alitalia e c’era il rapporto con Rothschild. Chi fa questo lavoro è normale che cerchi di mettere insieme delle combinazioni...».
«Rappresentammo ai nostri interlocutori - continua Gallo - la difficoltà politica del governo italiano di andare a una fusione con Air France, che valeva due volte, due volte e mezza l’Alitalia. Incontrammo anche il ministro dei Trasporti francese: lo Stato era azionista al 100%, avevano un forte interesse per un’alleanza. E trovammo la soluzione: una holding comune e paritetica, nella quale il governo francese avrebbe apportato solo le azioni corrispondenti al valore dell’Alitalia; quelle eccedenti sarebbero state trasformate in azioni di risparmio». Che cosa accadde? «L’azionista dell’Alitalia era l’Iri, e incontrammo il direttore generale, Pietro Ciucci. Egli ci chiese: avete un mandato? Perchè avete trattato? Ci liquidò per una questione formale, senza ascoltarci.

Oggi il governo italiano, che in questi anni con l’Alitalia ha perso un patrimonio, sarebbe socio importante della prima compagnia europea. Sulla carta resta solo la possibilità di un’alleanza con Air France: ma nove anni dopo, vedremo a quali condizioni!».

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