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Aiuti agli evasori? Così lo scudo fiscale ha zittito la sinistra

La sinistra che ha bollato lo scudo fiscale di Tremonti come un favore agli evasori è servita. Ora si vede che esso era ed è la premessa necessaria per individuare ai fini tributari i capitali nascosti all’estero che evadono le imposte sul reddito in Italia. Ciò viene fatto con le 50mila lettere inviate ai residenti in Paesi a cosiddetto regime fiscale privilegiato (i paradisi fiscali con banche non regolamentate) per chiarire la loro posizione. Ed ora ha luogo con la richiesta alle autorità svizzere di chiarire la posizione tributaria degli italiani che hanno i loro capitali nelle banche elvetiche e debbono pagare su di essi la cedolare secca del 20 per cento, in relazione ai profitti o interessi percepiti in Italia su tali titoli.
La Lega Nord del Canton Ticino ha chiesto a Bossi di fermare l’azione di Tremonti. Bossi ha respinto la richiesta. La sinistra che ha bollato la Lega nord come partito degli evasori è doppiamente servita. Bossi non ha detto «no» con argomenti formali. Come quello che ciò non rientra nelle sue competenze interferire con il ministero delle Finanze. Ha dato ragione a Tremonti e ciò dimostra che la Lega è per la protesta fiscale contro le imposte ingiuste ma non è alleata di chi evade mediante il trucco della residenza fiscale estera e dell’investimento all’estero con società di comodo. Gli svizzeri protestano perché Tremonti ha chiesto spiegazioni di un fatto strano. I redditi guadagnati in Italia (o in Germania, Francia e altri Stati dell’Unione europea) da soggetti che detengono i loro titoli in depositi nelle banche svizzere sono sottoposti a una cedolare secca del 20 per cento, il cui importo va prelevato dal fisco svizzero e consegnato al governo dello Stato in cui tale reddito è prodotto. Ciò è stato stabilito alcuni anni fa con un accordo europeo. Ma il provento di questa cedolare che la Svizzera consegna all’Italia da tre anni in qua è inspiegabilmente piccolo. Nel 2008 si è trattato di solo 89 milioni di euro. Poiché l’aliquota è del 20 per cento, tale cifra va moltiplicata per 5 per ottenere il reddito percepito dagli stranieri che investono in Italia con portafogli di titoli nelle banche svizzere. Se ne desume che i redditi tassabili in questione sono 445 milioni. Ai fini dello scudo fiscale si è ipotizzato che i capitali detenuti in Svizzera con investimenti in Italia da stranieri o da italiani rendono il 2 per cento. Dunque il volume totale di questi capitali sarebbe soltanto di 22 miliardi circa. Un importo piccolo che induce il nostro ministero delle Finanze a pensare che ci siano delle evasioni. Queste possono essere attuate mediante un trucco banale, quello di mettere i soldi che si investono in Svizzera in una società che ha sede ufficiale in un luogo come Panama o le Isole Cayman. In questo modo, il ricco italiano (spesso fautore e finanziatore dei partiti di sinistra e finto moralizzatore) non risulta come cittadino del nostro Paese e non viene facilmente rintracciato, dato il segreto fiscale delle banche svizzere. Tremonti chiede la collaborazione delle autorità svizzere per capire se ci sono italiani nascosti dietro queste società, che spesso sono come le bambole russe, le matrioske, che dentro hanno un’altra bambola, cioè un’altra società, in modo che è difficile risalire al vero titolare. Questi capitali nascosti possono avvalersi dello scudo fiscale per riemergere in modo legittimo in Italia. Gli svizzeri temono che ciò comporti che i capitali italiani lascino in massa la Svizzera, profittando dello scudo fiscale, ma si sbagliano. Infatti la sanatoria in questione non riguarda solo il rientro materiale dei capitali, riguarda anche il rientro dal punto di vista della loro emersione tributaria, fermo restando che debbono essere nelle banche di uno Stato dotato di regolamentazione bancaria, come è, appunto, la Svizzera. Dunque lo scudo fiscale non toglie i capitali alle banche svizzere. Esso consente di dichiararli ai fini della cedolare secca a favore del fisco italiano, Tremonti non ama molto le banche, come si sa. Ma non è contro le banche svizzere e chi ci mette i soldi. Si tratta, del resto, in genere, di ottime banche, alcune sono filiali di banche italiane con sportelli in Svizzera. Tremonti chiede però che questi soldi, investiti tramite la Svizzera, nel nostro Paese paghino la cedolare secca dovuta al fisco italiano. Il che appare logico.

E lo scudo fiscale serve per far sì che ciò accada senza traumi.

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