«Gli aiuti europei non andavano al popolo servivano ad Arafat per comperare armi»

Catturato dagli israeliani, ha ammesso quanto lo Stato ebraico e gli Usa sospettavano

Gian Micalessin

L’ordine lo diede Arafat alla fine del 2000. I suoi fedelissimi cercarono le armi da acquistare, i conti vennero pagati con gli aiuti dell’Europa e degli altri Paesi donatori. Israele lo ripeteva da anni. Gli Stati Uniti lo sospettavano. Gli europei lo temevano. Nessuno però era mai riuscito a provarlo. La prima dettagliata ammissione arriva da Fuad Shubaki, l’ex consigliere finanziario del rais «prelevato» con un raid israeliano dal carcere di Gerico lo scorso 14 marzo. Fuad Shubaki da allora ha vuotato il sacco. Ha ricordato gli ordini con cui il rais, all’inizio dell’intifada, chiese ai capi dell’Anp di cercare armi ovunque, ha spiegato le transazioni finanziarie da lui effettuate attingendo agli aiuti, ha rammentato le autorizzazioni ricevute dal rais. E infine ha rievocato l’operazione organizzata a suo dire, con l’appoggio dei pasdaran iraniani e del Partito di Dio libanese, per far arrivare a Gaza la Karina A, la nave carica di armi intercettata dagli israeliani nel gennaio 2002.
A Gaza è in corso, intanto, il durissimo braccio di ferro che vede schierati da una parte il governo di Hamas e le sue milizie e dall’altra il presidente Abu Mazen e i servizi di sicurezza a lui. Con una mossa che sembra un altro passo verso la guerra civile, il ministro degli Interni, Siad Siyam, ha ordinato il dispiegamento del «sistema di appoggio ai servizi di sicurezza», legalizzando, di fatto, l’utilizzo dei gruppi armati controllati dall’organizzazione fondamentalista. L’annuncio di Siyam, a cui Mazen ha sottratto per decreto il controllo delle più importanti organizzazioni della sicurezza, arriva all’indomani dell’assassinio di due militanti di Hamas caduti in altrettanti agguati. La nuova forza di sicurezza fedele ad Hamas è paradossalmente agli ordini di Jamal Abu Samhadaneh, comandante di quei «Comitati popolari» protagonisti dei lanci di missili Qassam contro Israele.
Per cercar di disinnescare l’esplosiva situazione di Gaza il nuovo ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, ha intanto ordinato la riapertura del transito commerciale di Karni. Il valico utilizzato per tutti i rifornimenti a Gaza è rimasto quasi sempre chiuso per timore di attentati dalla fine di gennaio. «La nostra guerra è contro i terroristi, non contro la popolazione civile della Striscia», ha detto Peretz motivando la riapertura.
Le foto di tre diplomatici israeliani in servizio nelle ambasciate del bacino del Mediterraneo sono intanto state individuate in una lista di obbiettivi indicati da un sito di Al Qaida. La scoperta ha mandato in allarme rosso il ministero degli Esteri israeliano che ha immediatamente ordinato il rafforzamento delle già rigidissime misure di sicurezza in tutte le sedi diplomatiche. Il ministero, accertato che le immagini provenivano dal proprio sito internet, ha fatto cancellare tutte le fotografie del personale diplomatico.
Da ieri intanto la Knesset, il parlamento di Gerusalemme, ha tra i suoi vicepresidenti anche il deputato arabo Ahmad Tibi.

La nomina è stata resa possibile dall’ampliamento della rosa dei vice voluto dal nuovo premier Ehud Olmert. Il governo spera così di poter contare anche sui voti dei deputati arabi per ampliare la propria risicata maggioranza parlamentare.

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