È bastato un sì in Chiesa per cancellare di colpo la clandestinità, i mesi di paura, la frustrazione per il fatto di non sposare la donna che, conosciuta in ospedale, amava. È stato il vescovo di Albenga a sposare Amine Mahklou, 28 anni, marocchino di Fez, senza permesso di soggiorno e Milena Lo Manto, 39 anni, albenganese doc, il cui matrimonio (riconosciuto in virtù del Concordato allanagrafe del Comune di Albenga guidato da una sindaco leghista) ha consentito a lui di uscire dalla clandestinità e divenire cittadino italiano e lei di essere felice per aver rimesso in piedi la sua vita dopo un divorzio difficile. Le vite dei due protagonisti di questa storia sono Milena, che ha una figlia nata da un precedente matrimonio ormai finito e Amine, laureato, cuoco, immigrato clandestino. I due si conoscono in ospedale dove lui viene ricoverato perché trovato svenuto in strada e lei perché voleva dimagrire. Restano in clinica 20 giorni, si frequentano e sinnamorano. Una volta usciti decidono di sposarsi. In un comune leghista votato alla lotta ai clandestini non è facile. Allora decidono di andare dal vescovo Mario Oliveri. Il prelato si deve convincere che Amone vuol sposarsi non per mettersi in regola con la Bossi-Fini ma perché ama davvero Milena. E ci mette un po. Poi alla fine si convince e chiama larciprete che finalmente sposa i due. Pochi giorni dopo Amine e Milane Mahklou vanno in comune e registrano latto di matrimonio. A quel punto il sindaco leghista vuole andare a fondo e capire esattamente cosa sia successo. «Se è un modo per aggirare la legge Bossi-Fini non lo so - dice il sindaco - non conosco la coppia, ma indagheremo a fondo».
Chi conosce i due sposi è don Berto Musso, arciprete della cattedrale, che ha celebrato il matrimonio. «In queste cose - spiega - andiamo con i piedi di piombo. Personalmente è il primo matrimonio del genere che ho celebrato, in passato abbiamo avuto altre richieste di questo tipo e non le abbiamo accettate».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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