Albertini regala a Kabul 38 autobus

Il sindaco ha consegnato anche dieci compattatori di rifiuti

Sabrina Cottone

nostro inviato a Kabul

Sulla carta e sulla cartina sembrava incredibile, però ce l'hanno fatta. Così alla fine, dopo quasi due mesi di viaggio, la carovana di trentotto autobus e dieci compattatori di rifiuti è entrata pacificamente in città e ha conquistato Kabul. Un'enorme macchia arancione Atm, lo stesso colore che se ne va regolarmente a spasso per Milano targato 61 o 54 o 49, ha sfilato tra il grigio e l'azzurro della capitale afgana, con la scritta in inglese e in dari, «dal popolo di Milano, Italia, al popolo di Kabul, Afghanistan». Da oggi anche questo arancione sarà parte del paesaggio. Il regalo del Comune e dell'Atm è arrivato a destinazione e adesso il parco mezzi di Kabul è quasi raddoppiato e non è poco in un luogo in cui uscire di casa per andare a scuola o a lavorare è un lusso che non tutti possono permettersi. Sono un dono grande e pieno di senso pratico anche le macchine che aiuteranno a togliere di mezzo la spazzatura, che troppo spesso è dove non dovrebbe, galleggia nei canali di scolo a cielo aperto, toglie altro ossigeno a questa vita arroccata a mille e ottocento metri. È stata un'avventura da Parigi-Dakar in terra d'Asia e il lieto fine ha un valore simbolico tutto suo, dice che nonostante i talebani, i predoni, i banditi, le strade accidentate, nonostante questo e molto altro Kabul è accessibile per chi vuole andarla a trovare e aiutare e non è solo un luogo da topografia militare, da atterraggi guardinghi e velocissimi con i C130. Gli autobus arrivati al traguardo raccontano che il ritorno alla normalità è lento, difficoltoso, pieno di insidie. E però è possibile.
La manifestazione di consegna è stata solenne, con il sindaco di Milano, Gabriele Albertini, e il ministro dei Trasporti afgano, Emayatullah Rasemi, che ha voluto che gli autobus dell'Atm andassero in parata per la città, dopo aver colorato sentieri e montagne tra il Pakistan e l'Afghanistan, su e giù per valli, sterrati e dirupi fino ai quattromila metri del Passo Khaybar, tra Peshawar e Jalalabad.
Erano partiti il 12 marzo da Milano e se ne sono persi per strada tre (più altri nove in avaria che però i tecnici Atm rimetteranno presto in sesto) nel lungo tragitto che li ha portati a imbarcarsi a Genova per Karachi e dopo 45 giorni di mare a prendere la via di terra, i duemila chilometri finali più insidiosi. Il giorno dell'arrivo a Karachi era l'11 aprile, data dell'attentato che ha fatto 47 morti e reso gli uomini più sospettosi e le procedure più lente. E poi si è messo di mezzo il governo pakistano, che li voleva tenere per sé a Karachi. A trenta chilometri e poche ore da Kabul, il crollo di un ponte li ha bloccati ancora una volta.

Il sindaco di Milano, il responsabile delle relazioni internazionali del Comune, Andrea Vento, il ministro dei Trasporti afgano e l'ambasciatore italiano, Ettore Sequi, sono arrivati lì in fuoristrada e hanno convinto gli autisti a costruire un passaggio di fortuna con la sabbia. Era l'ultimo ostacolo alla lunga marcia degli autobus arancio.

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