Alberto Asor Rosa e il tramonto degli intellettuali

Caro dott. Granzotto, nel corso del Gr1 è stato trasmesso un servizio sulla prima prova dell’esame di maturità. A margine del servizio e a commento delle tracce, è stato chiesto un parere al prof. Alberto Asor Rosa. Il quale ha espresso la sua opinione (invero somigliante più a una sentenza, almeno nei toni). Riguardo la traccia su Primo Levi e quella sulle foibe, il professore ha - sintetizzo - risposto che c’è stato ancora una volta un tentativo di voler equiparare sulla bilancia le due «cose» (presumo si riferisse al nazifascismo e al comunismo), che equiparabili proprio non sono. Caro dott. Granzotto, mi consenta la banalità della domanda: ma perché morire di foiba è stato meno grave del morire per mano dei nazifascisti? La prego, visto l’impegnativo argomento, ci può illuminare colla sua solita semplicità?
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PS Un passo in avanti è stato fatto, comunque: oltre che «comunismo», stavolta anche la parola «nazifascismo» è stata abolita da un certo vocabolario. Difatti, l’illustre Asor Rosa le ha semplicemente definite «cose».

Triste e miserello è l’autunno degli intellettuali. Uno del calibro di Asor Rosa che ti va ancora, alla sua età (con il suo «vissuto», come la mandria linguistica usa dire), a cincischiare sugli ammazzamenti buoni (quelli dei partigiani rossi) e sugli ammazzamenti cattivi (quelli dei ragazzi di Salò e dei partigiani bianchi). Che pena. La verità è, caro Antonielli, che la figura dell’intellettuale come la si intende oggi («organico», «impegnato», saccente, oracolare, figura superiore che si erge a detentore del Giusto e del Vero) è in via di rottamazione. Non se li fila più nessuno, nemmeno a sinistra. A cogliere le avvisaglie del declino di quel personale impiegatizio che chiamiamo, appunto, intellettuali, fu il grande, macché grande: grandissimo Sergio Ricossa con Straborghese, che uscì nell’80 e che ora è in ristampa. In quel micidiale pamphlet Ricossa spruzzava Raid stecchendo uno dopo l’altro gli intellettuali, narcisi, autoreferenziali, campioni nell’arte del bla-bla-bla (ma un bla-bla-bla che attinge a un vocabolario astruso). «Il cretino di sinistra - diceva Leonardo Sciascia e per “cretino di sinistra” s’intenda l’intellettuale di sinistra - ha una spiccata tendenza verso tutto ciò che è difficile. Crede che la difficoltà sia profondità». Da allora il processo di autorottamazione dell’intellettuale ha fatto passi da gigante, anche perché la specie ha subito una mutazione genetica dando vita all’intellettualismo di massa e all’intellettuale cash and carry, pronto a esprimere, a pagamento e preferibilmente in tivù, sussiegosi pareri su tutto e tutti, dal talento di Kakà alla Fenomenologia dello spirito di Hegel, dalla mozzarella in carrozza al blocco della striscia di Gaza. E così, menala oggi, menala domani, anche i più esimi del branco sono surclassati, quanto a influenza sull’intelligenza altrui, da un qualunque Jovanotti o, quando si compiace d’esibirsi, da un qualsivoglia Celentano.


A tirare le somme della caduta degli dèi intellettuali è Pierluigi Battista, autore di I conformisti, laddove individua la qualità della cicuta che, assunta una sorsata via l’altra, ha determinato quel crepuscolo anticipatore dell’estinzione dell’intellettuale organico&impegnato: «Sono quindici anni che la cultura politica non produce più nulla, abbacinata dal mito di Berlusconi, chi per odiarlo chi per venerarlo: basta vedere gli scaffali delle librerie: tutti libri su di lui, la sua testa, la sua gamba, il suo piede. Quanto è orrendo Berlusconi, meno male che Silvio c’è». E allora, siccome seppur indirettamente il Cavaliere ci ha liberati da quei molesti individui, buona la seconda: meno male che Silvio c’è.

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