«Non farò mai più mostre a Milano», aveva gridato Alberto Burri nel 1989, allindomani della mai chiarita decisione dellamministrazione di demolire il «Teatro Continuo» progettato dallartista umbro a Parco Sempione. Mai dire mai. A quasi 14 anni dalla morte, La Triennale gli dedica infatti una grande antologica che ripercorre, in modo esauriente, il percorso del più internazionale degli artisti informali italiani. Unoccasione unica per chi non ha avuto tempo e voglia di visitare Palazzo Albizzini e gli ex Essiccatoi del tabacco a Città di Castello, le due sedi della Fondazione che porta il suo nome. Al di là dellesaustività della mostra inaugurata ieri a cura di Maurizio Calvesi e Chiara Sarteanesi, la gita nella città natale di Burri merita ugualmente. Anzitutto per comprenderne la poetica attraverso le cromie e lasprezza di un paesaggio su cui lartista, confermando la sua vocazione di «architetto delle forme», intervenne anche direttamente con il progetto del Grande Cretto della Gibellina. In secondo luogo perché la Fondazione, di cui la mostra di Milano è una diretta emanazione, rappresenta un raro caso di «museo in vita», dal momento che lartista, dagli anni Settanta, partecipò attivamente alla sua realizzazione donando opere e scegliendo spazi e allestimenti. Un fattore, quello del rapporto tra opera e spazio che lartista - con acume contemporaneo - aveva fortemente a cuore, come ha ricordato Calvesi. E che negli spazi della Triennale è stato tenuto in alta considerazione. A cominciare dal piano terra, che offre un concentrato significativo delle intuizioni degli anni 50, quelle in cui lartista sperimentò le infinite possibilità della materia povera - catrami, muffe, sacchi, legni, ferri - per il raggiungimento di forme e cromie pure. Burri, parlando di sé, amava definirsi un pittore ma oggi, passando in rassegna le sue tessiture, combustioni e lacerazioni e i suoi viaggi nello spazio bidimensionale, pare una definizione francamente limitativa. Burri infatti, che era laureato in medicina, ha dimostrato nella sua carriera artistica di essere contemporaneamente pittore, architetto, scultore e «alchimista».
Particolarmente significativo è il piano superiore dellesposizione, allestito per ospitare la produzione più monumentale dellartista, quella cioè iniziata alla fine degli anni 70 e che comprende il ciclo delle «Architetture» e dei «Neri», i grandi cellotex mai esposti finora fuori da Città di Castello.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.