Alberto e le foto pedofile I Poggi: "No a verità facili"

Stasi è indagato per le immagini trovate nel suo pc. Gli inquirenti: Chiara le avrebbe scoperte la sera prima di essere uccisa. Trovati 13 scatti e 9 video a luci rosse con minori

Alberto e le foto pedofile 
I Poggi: "No a verità facili"

nostro inviato

a Garlasco (Pavia)
Nemmeno la nuova accusa piovuta sul capo di Alberto Stasi, scambio di materiale pedopornografico in rete, scuote la granitica riservatezza dei genitori di Chiara Poggi: «Per ora niente conclusioni facili, parleremo solo a vicenda conclusa». Eppure da qualche ora nell’inchiesta sulla morte della 26enne di Garlasco c’è un elemento nuovo: Alberto, 24 anni, da quattro mesi indagato per omicidio, nascondeva nel suo pc e nella chiavetta Usb foto e filmati in cui si vedono minorenni fare sesso con adulti. In tutto 13 immagini e nove video. Il ragazzo è stato convocato giovedì in Procura a Vigevano. Di fronte alle contestazioni è sbiancato, si è consultato con i suo legali, Angelo Giarda e i fratelli Giulio e Giuseppe Colli, quindi ha scelto di non rispondere.
Una nuova tappa di questa vicenda iniziata il 13 agosto quando il giovane studente della Bocconi, va a casa della fidanzata, di cui non ha notizie da ore, e la trova morta, in un lago di sangue. Corre dai carabinieri e viene subito sospettato del delitto per le sue scarpe «troppo pulite». Per gli inquirenti infatti, sarebbe stato impossibile attraversare la scena del crimine senza calpestare le tante macchie di sangue. E per averne la conferma, il pm Rosa Muscio ha incaricato un ingegnere di Torino. Il perito, come sempre, si prenderà i canonici 60 giorni: di un eventuale rinvio a giudizio, quindi, si parlerà in primavera.
Nel frattempo però i carabinieri si erano anche messi a lavorare sul computer spontaneamente consegnato dal ragazzo. «L’ho usato l’intera mattina per battere la tesi di laurea», si era difeso. Dagli accertamenti però risulterebbe che la macchina sia stata accesa tre minuti, per scaricare una foto porno, verso le 9, poi dalle 10.15 alle 12.30, ma senza che nessuno ci lavorasse sopra. Ma gli esperti dei carabinieri hanno scovato nella memoria del pc una serie di file cancellati molto prima del delitto. Tre video in cui Alberto e Chiara sono ripresi in intimità, la confessione, copiata da un «blog», di un ragazzo che racconta la sua prima esperienza omosessuale, ma soprattutto tracce di condivisione di materiale pedopornografico in rete: un reato che prevede fino a 5 anni di carcere. E questo potrebbe essere anche il movente del delitto: Chiara avrebbe scoperto questa sua «debolezza» proprio il 12 agosto, la sera prima del delitto. In quel caso, ha confidato la madre all’avvocato di parte civile Gianluigi Tizzoni, «sicuramente non l’avrebbe perdonato. Si sarebbe indignata e arrabbiata moltissimo». E per questo il giorno dopo lui l’avrebbe uccisa colpendola una decina di volte alla tesa con un corpo contundente, finora mai ritrovato.
«Anche questa volta non vogliamo commentare - risponde cortese ma fermo Giuseppe Poggi -. Come abbiamo già detto, aspettiamo la fine dell’inchiesta. Sappiamo che non sarà breve né facile, sono già passati quattro mesi e mancano elementi certi. Ma abbiamo comunque fiducia nella giustizia e speriamo prima o dopo di sapere chi e perché ha ucciso nostra figlia.

Senza nel frattempo accusare nessuno». Forse non accusano nessuno ma nel frattempo i rapporti con il giovane si sono raffreddati fino a interrompersi del tutto il 24 settembre quando, per quattro giorni, fu incarcerato.

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