Alberto, l’angelo del quartiere protettore dei negozianti

Alberto, l’angelo del quartiere protettore dei negozianti

Elena Jemmallo

Il suo compito era quello di proteggere gli abitanti del quartiere. Compito, in cui riusciva perfettamente. Era l’angelo del quartiere, una presenza che da sola bastava a rassicurare i negozianti, le mamme, gli anziani. Mentre era in servizio, percorreva spesso le vie del quartiere di Latina, e a conoscerlo erano in molti. E ora che è tragicamente morto, in servizio, tradito da un pacco che gli è improvvisamente esploso tra le mani, per descriverlo parlano di un giovane paziente, attento, premuroso. Umano e disponibile. Uno appassionato del suo lavoro. Una persona benvoluta da tutti, soprattutto da quando era stato assegnato al quartiere in centro a Latina.
«La sua presenza era fondamentale» dicono con gli occhi lucidi e un sorriso di affetto due negozianti che lo conoscevano da tempo e che sembrano non voler credere ancora alla notizia. Mentre lo ricordano, trovano solo parole di affetto e riconoscenza: «Non solo vigilava continuamente nella zona, ma addirittura quando avevamo il negozio in un quartiere meno centrale di questo, era capace di accompagnarci all’auto per evitare i pericoli delle vie buie».
E invece il pericolo, la fatalità ha messo proprio nelle sue mani un pacco esplosivo che l’ha ucciso sul colpo. Era in servizio, come tutti i giorni, come sempre, l’appuntato scelto Alberto Andreoli. Si trovava nell’ufficio denunce della sede del comando provinciale dei Carabinieri. Solo. Non ha probabilmente avuto nemmeno il tempo di rendersi conto che questa volta era lui a correre il pericolo. È stato trovato con un braccio dilaniato, staccato dal corpo, e il volto sfigurato. La stanza è completamente devastata: la finestra in frantumi, le pareti annerite, la scrivania distrutta. Un’esplosione così forte che il maresciallo Stefano De Rinaldis, che si trovava fuori dalla porta è rimasto sotto choc, con l’udito compromesso.
Aveva 35 anni, Alberto, una moglie e due bambine piccole. Viveva in un appartamento al terzo piano di via Genova 9, zona residenziale di Latina. Era casa sua da circa dieci anni e ieri è diventato il luogo del dolore, dove parenti e amici visibilmente commossi sono accorsi in sostengo della famiglia e da dove i cronisti sono stati tenuti lontani («per favore, capite il momento»).
«Era il nostro angelo. Il nostro angioletto».

Lo ricorda così una coppia di negozianti di Latina, titolari di un esercizio a pochi metri dalla caserma in cui è avvenuta l’esplosione. «Ci mancherà tantissimo non vederlo più passeggiare davanti ai negozi, dando sicurezza solo con la sua presenza».

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