Alberto di nuovo alla sbarra E ripete: «Non l’ho uccisa io»

Alberto di nuovo alla sbarra E ripete: «Non l’ho uccisa io»

MilanoAncora perizie, ancora analisi di computer, di sangue, di capelli: a oltre quattro anni dalla morte di Chiara Poggi, uccisa nella sua villa di Garlasco, è alle analisi tecniche che l’accusa e i familiari della ragazza affidano le loro speranze di incastrare Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara, uscito assolto dal processo di primo grado. Ma è un tentativo con poche chance di riuscita: proprio sulla base di perizie imparziali ed approfondite, il giudice preliminare Vitelli assolse con formula piena Stasi dall’accusa di omicidio volontario. Ed è quello stesso materiale probatorio che dovranno ora valutare i giudici della Corte d’assise d’appello di Milano, davanti ai quali si è aperto ieri il processo di secondo grado.
Nella grande aula - chiusa al pubblico e alla stampa, perché si tratta di un giudizio con rito abbreviato - c’erano sia l’unico imputato che i genitori di Chiara. Non si sono guardati né tantomeno salutati. Hanno ascoltato il giudice a latere Fabio Tucci ricostruire meticolosamente la vicenda, dalla scoperta del corpo di Chiara, nella tarda mattinata del 13 agosto 2007, alla sentenza di primo grado, ai ricorsi presentati dalla Procura di Vigevano e dalla famiglia Poggi. Poi Stasi ha preso brevemente la parola: «Non ho niente da aggiungere a quanto ho detto nel primo processo. Sono innocente». «È andata molto bene», dice poi l’ex bocconiano - impassibile come sempre - uscendo dal tribunale. «Siamo tranquilli e fiduciosi, spero si trovi il colpevole», ha detto la madre di Chiara.


Si riprende il 22 novembre, poi a tappe forzate verso la sentenza che dovrebbe arrivare il 6 dicembre. Più che i giudici togati - il presidente Anna Conforti e il giudice Tucci - l’accusa punta a convincere i sei giudici popolari, sui quali il battage di questi anni sul «mostro» Stasi può avere lasciato qualche traccia.

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