Alfano sbugiarda i catastrofisti: salta un dibattimento su cento

Il ministro Angelino Alfano conferma i suoi dati tranquillizzanti sull’impatto del processo breve, il Csm ridimensiona i suoi, molto preoccupanti, mentre l’Anm conferma i suoi ancor più allarmanti. Nelle audizioni alla Commissione giustizia del Senato continua la guerra di cifre e rimangono le contrapposizioni sul ddl del centrodestra.
Per il Guardasigilli, a rischio estinzione è l’1,08 per cento dei 3,3 milioni di processi pendenti e il 9,02 di quelli in primo grado, sulla base di dati certi, di 167 tribunali e 220 sedi distaccate. Questo, in un’Italia in cui ogni giorno si prescrivono in media 466 procedimenti, 170mila all’anno, 850mila tra il 2004 e il 2008. E dove il ministero deve pagare 267 milioni di euro per i risarcimenti a chi ha subito processi troppo lunghi. «I dati - dice Alfano - non hanno colore politico».
Da una ricerca a campione del Csm nelle 9 maggiori città, anticipata la scorsa settimana, emergeva un quadro ben più negativo. La forbice per la prescrizione dei processi in primo grado va dal 10 al 40 per cento, ribadisce a Palazzo Madama Ezia Maccora, presidente della VI commissione del Csm. Ma il vicepresidente del Csm Mancino smorza: «Nessuno può dire con sufficiente certezza a quanto ammonti la percentuale dei processi che ricadrebbero nella sanzione di estinzione».
Il presidente dell’Anm, Luca Palamara, conferma invece che la stima del 50 per cento (una forbice dal 40 al 70) di processi a rischio è «molto attendibile» e anche «dinamica». Insomma, pollice verso sul ddl. Eppure Alfano è sicuro che il processo breve «avrà due effetti acceleratori». Il primo riguarda la parte civile, che potrà trasferire l’azione in sede civile e a cui il giudice dovrà dare la precedenza. Il secondo è legato alla possibilità, per i procedimenti civili, di presentare un’istanza di sollecitazione dopo un anno e mezzo dall’inizio, che porti a una procedura accelerata. «Non crediamo - dice il ministro - di risolvere tutti i problemi con una legge. Ma questa norma concorrerà a un’accelerazione del sistema».
Il parere del Csm sul ddl arriverà al ministro la prossima settimana, annuncia Mancino, sottolineando la «forte preoccupazione» per gli effetti sui processi civili. Dice anche che il sistema di 2 anni più 2 più 2, per ogni grado di giudizio si scontra con la situazione «drammatica» di molti uffici, dove la prima sentenza sfora spesso i 2 anni e anche in tribunali efficienti, come quello di Torino, serve un anno solo per inviare in Corte d’appello l’incartamento dei processi definiti. Secondo i procuratori ascoltati dal Csm, poi, sarebbero a rischio anche processi per «omicidi, lesioni con colpa professionale, reati di natura economica e finanziaria e contro la pubblica amministrazione».
Tra mille polemiche il ddl ha incominciato il suo cammino in Commissione Giustizia in Senato e il presidente Filippo Berselli dice che il 17-18 del mese si potrebbe andare in aula, per arrivare all’approvazione entro la pausa natalizia e passare a gennaio il provvedimento alla Camera.
«Il testo non è blindato e tutti gli emendamenti saranno esaminati con la massima attenzione», assicura il relatore Giuseppe Valentino. Ma l’Idv chiude al dialogo e il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, pretende il ritiro del ddl per accettare un confronto «sui problemi della giustizia solo con una riforma di sistema e non con leggi ad personam».

Quanto al suo vice, Enrico Letta, che ha definito «legittimo» ma non opportuno per il premier difendersi «dal» processo, anziché «nel» processo, Bersani precisa: «Berlusconi può difendersi “dal” processo, ma secondo le norme vigenti».

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