Milano - «Silvio Berlusconi sta molto bene, è ricco di suo e non ha bisogno di rubare per fare politica» dice Angelino Alfano alla Festa del Pdl, tra gli applausi del pubblico che riempie il cortile d’onore del Castello Sforzesco. Difficile dire a chi alluda il ministro della Giustizia, o forse fin troppo facile. Lui, intervistato dal direttore del Tg1, Augusto Minzolini, insieme all’avvocato del premier, Niccolò Ghedini, mantiene con gli (ex?) alleati finiani toni moderati in una linea chiara: «Senza riforme, con un governo intento a fare polemicucce, chiacchiere e liti, meglio tornare al voto. La domanda è: Futuro e libertà punta alle riforme o al logoramento di Berlusconi?».
Michela Vittoria Brambilla, protagonista di un altro dei dibattiti della Festa, esprime un concetto simile e colorito: «Mi aspetto che Fini metta a cuccia i suoi pitbull e non ascolti più chi avvelena i pozzi. Se Fini dice “torniamo alla politica”, molto bene. Sicuramente abbiamo apprezzato il suo outing, anche se arriva con eccessivo ritardo».
Una delle cartine di tornasole rimane l’atteggiamento sui processi. Spiega Alfano: «L’obiettivo principale della legislatura è la riforma costituzionale della giustizia: parità tra accusa e difesa». Ghedini è ancora più esplicito: dice che il suo unico obiettivo è «che il premier non sia sotto processo», perché senza questa precondizione sarebbe «impossibile raggiungere qualsiasi altro risultato sulla giustizia».
Si parla di manovre di palazzo e Alfano le ritiene una spinta decisiva nella svolta antiberlusconiana di Gianfranco Fini: «I cimiteri della politica italiana sono pieni di aspiranti successori del premier. Ce ne sono tanti di 58, 60 o 62 anni che si ritengono giovani e vogliono succedere a Berlusconi non capendo che lui è un fenomeno unico». (Battutitine in platea: «Forse Alfano pensa di essere il solo ad avere l’età adatta». Replica dalla sedia accanto: «Ma no, c’è anche la Gelmini»). Alfano continua: «Noi auguriamo lunga vita politica al premier, che non è un occupante abusivo come pensano i suoi avversari. Lui incarna la speranza di cambiamento degli elettori, perché sanno che sta bene e non ha bisogno di rubare. Si può permettere di dire ai fornitori della pubblica amministrazione e ai parlamentari che il partito non ha bisogno di tangenti. Noi non abbiamo bisogno di ladri in casa».
Lo show down è atteso a breve in Parlamento e i fronti aperti sono almeno due: i finiani di Futuro e libertà e lo schieramento più vasto di coloro che puntano alla riforma elettorale prima delle elezioni. Alfano contesta la tesi di chi ritiene che il ritorno delle preferenze sia un passo avanti verso una democrazia più piena: «Questo progetto non vuole dare ai cittadini il diritto di scegliere il deputato ma al contrario togliere ai cittadini il diritto di scegliere il premier per tornare ai giochini di palazzo». E chi parla di calciomercato, secondo Alfano, «mente sapendo di mentire» perché coloro che in aula sosterranno il governo, a partire dal Mpa, «hanno aderito alla nostra coalizione, beneficiando anche del premio elettorale».
Posti in piedi, cortile dei dibattiti pieno, tutti attenti e composti, un leggero moto di stizza dalla platea sale (e subito si stempera) quando dal palco si accenna all’ipotesi che il Quirinale non consenta un ritorno alle urne in tempi rapidi, nel caso in cui manchi un solido accordo di maggioranza. C’è tempo e voglia anche per commentare le uscite di Luca Cordero Montezemolo. «Troppo comodo stare a bordo campo e sparare sentenze. È vano ogni tentativo con la Lega, che resta nostro alleato» dice il ministro Brambilla.
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