Alice è partita per gli Usa (e io non ho cercato di sabotare il suo aereo)

Caro direttore,
ieri Federica è partita per l’Australia, farà metà del quart’anno di liceo all’estero. Federica, mia figlia, prima di quattro figli, brava, volonterosa, sportiva ha voluto fortemente fare questa esperienza all’estero. Noi abbiamo acconsentito, ieri l’abbiamo accompagnata a Malpensa; lei non sa quanto io mi sia preparata all’evento, quanto nei giorni precedenti abbia visto e rivisto la scena della partenza... Tutto inutile. La mia parte razionale è felice, so che Federica lo vuole fare, so che è in grado, so che è un’esperienza che la farà crescere. Ma dentro di me, sto malissimo. Pensare che in questo momento la sua famiglia australiana, i suoi nuovi fratelli australiani stanno partendo per l’aeroporto per andarla a prendere... sì, sono gelosa. Siamo gelosi. Mio marito ieri era impietrito, mai visto così rigido. Queste poche righe prima che parta sua figlia... per lo meno inopportune, capisco. Si prepari, io l’ho fatto ma non è bastato.

Quando, qualche settimana fa, stimolato da una lettera aperta del mio amico Nino Materi, ho raccontato i sentimenti di gelosia che provo nei confronti di mia figlia Alice, 17 anni, che ha fortemente voluto andare a studiare negli Stati Uniti per un anno, sono stato sommerso dai vostri messaggi. Sì, lo so: avevo promesso a me stesso (e anche un po’ ad Alice) di mantenere per qualche tempo il riserbo sulla vicenda, avevo giurato che avrei soffocato le lacrime prima che scivolassero, tramite computer, sul nostro giornale. Vi garantisco che lo farò e che eviterò di ammorbarvi ulteriormente con le mie paterne sofferenze. Ma il numero di messaggi che ho ricevuto dopo quell’articolo, il carico di affetto che avete voluto manifestarmi, gli incoraggiamenti, le testimonianze e i consigli che mi avete così generosamente regalato, mi obbligano ora a darvi notizia dell’avvenuto distacco. Ebbene sì, Alice è partita. Ieri mattina all’alba, dalla Malpensa. Per tranquillizzare tutti coloro che mi hanno scritto preoccupandosi di eventuali mie reazioni inconsulte, pianti e scene melodrammatiche davanti al check in, vi dico subito che mi sono comportato piuttosto bene. Dignitosamente. Ho sofferto con un contegno di cui vado molto orgoglioso. Certo anch’io, come il marito della nostra amica Alessandra, ero pronto a gareggiare in flessibilità con uno stoccafisso congelato. Ma ho mascherato bene l’irrigidimento dei muscoli con la scusa dell’ora («Buttare giù dal letto uno che lavora in un quotidiano alle 3 del mattino... E poi senza nemmeno un caffè...»). Insomma, ho fatto la mia sporca figura di papà del Terzo Millennio, genitore dell’era tecnologica, pronto a offrire la sua figlia sull’altare del mondo globalizzato. Penso che anche Alice sia stata piuttosto soddisfatta della mia dolorosa dignità. Non ho nemmeno tentato di sabotare l’aereo, non ho aggredito il pilota, non mi sono sdraiato davanti al gate ululando frasi sconnesse: che cosa volete di più da me? Quando sono tornato a casa, con un groppo in gola più grande del Pirellone, ho trovato una lettera che mi aveva lasciato Alice prima di partire.

Leggendola ho avuto la conferma di quello che, in realtà, già sapevo: mia figlia ha tutto quello che serve per spiccare il volo. È giusto che lo faccia, è pronta per farlo. E ammettere questo con me stesso, davanti allo specchio, mi rende ogni volta disperatamente felice. E, insieme, felicemente disperato.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica