Alitalia-Air France, l’ultima bugia di Prodi

Doveva essere il governo della serietà... dopo pochi mesi l’obiettivo, lontanissimo da raggiungere è, molto più modestamente, quello della decenza. Ormai gli italiani non si stupirebbero più se il premier a reti unificate annunciasse che eravamo tutti su Scherzi a parte. L’ultima pennellata al quadro farsesco è stata aggiunta dal presidente di Air France, Jean-Cyril Spinetta, che settimana scorsa si era dimesso dal consiglio di amministrazione di Alitalia (dove sedeva in virtù di un gioco di partecipazioni incrociate) facendolo di fatto decadere per mancanza del numero minimo di consiglieri. Fin qui niente di male, anzi, mossa di buon senso in quanto Alitalia è di fatto in vendita all’asta e se Air France avesse desiderato partecipare alla gara, il conflitto di interessi sarebbe stato evidente... peccato però che Prodi, la settimana scorsa, di fronte ai giornalisti che lo interrogavano, si fosse affrettato a dichiarare la sua «sorpresa» per le dimissioni del manager francese, seguito a ruota dal ministro dei Trasporti Bianchi che, netto, ha dichiarato: «Non lo sapevo». Peccato dicevamo, perché venerdì sera uno stupefatto Spinetta diffonde un comunicato ufficiale dove precisa che le sue dimissioni erano state da tempo concordate con il Tesoro italiano, e che anche la tempistica era stata dettata nei dettagli dall’Italia, avendo lui manifestato l’intenzione di dimettersi sin dagli inizi di dicembre. Ma allora, Prodi sapeva o non sapeva?
Penso che la risposta se la sappiano dare da soli gli italiani, senza bisogno di leggere con i loro occhi i carteggi che il manager francese certamente potrà produrre... La storia fa il paio con la scenetta surreale di Lucca a novembre, dove Chirac in visita auspicava, durante la conferenza stampa, un riavvicinamento fra Alitalia e Air France, per essere smentito dopo pochi secondi da Prodi che gli stava di fianco, lesto a dichiarare: «Di Alitalia non si è parlato». Il fatto è che Prodi non sa mai nulla. Nulla sapeva delle intenzioni americane sulla base di Vicenza, ma il suo ministro della Difesa definiva l’argomento al question time in Parlamento come «nota questione». Non sapeva nulla dell’emendamento che faceva saltare i fondi per i comuni destinati ad ospitare i rigassificatori, mentre prometteva interventi a Blair, interessato per tramite BP alla costruzione dell’impianto di Brindisi. Non sapeva nulla di Telecom e del piano Rovati e tutti hanno potuto vedere in diretta televisiva quanto convincente fosse stato il premier nel (non) rispondere al Parlamento. Lui non sa nulla, non è a conoscenza di niente, non vede, non sente non parla. Ma suvvia, per chi ci prende?
Il fatto che l’ideologia comunista che lo sta accecando si esalti nell’immaginare un popolo di obbedienti e livellati automi, pronti a muoversi compatti alla guida dell’onnipresente Stato, non comporta che questa sia la realtà. Gli italiani ragionano, capiscono, e non gradiscono affatto di essere presi in giro. E non ci si venga a dire che le informazioni su Alitalia erano state occultate dal replicante di Padoa-Schioppa, per intendersi quello che tassa chi produce e poi scrive lettere liberiste al Corriere della Sera; oppure che le informazioni su Vicenza erano gelosamente custodite da Parisi, perché allora non si spiega a che cosa servano i conclavi nelle regge... È poco plausibile che si voglia emulare Versailles per poi fissarsi in silenzio per lunghe ore. L’unico che appare senza dubbio credibile è il ministro Bianchi: non sapeva nemmeno di essere stato nominato ministro, figurarsi se i folletti e gli elfi che, evidentemente, prendono in gran segreto tutte le decisioni di Palazzo Chigi, si degnano di avvisarlo delle faccende di Alitalia. Del resto è solo il ministro dei Trasporti, che c’entra con una linea aerea? Tanto c’è una strategia «precisa, seria, pulita e trasparente»...

Gli aggettivi sono di Prodi, c’è da fidarsi.

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