Economia

Alitalia, il sindacato incalza il governo con 24 ore di sciopero

Venerdì 29 fermo tutto il trasporto aereo. Rutelli: la compagnia va rafforzata con un’alleanza a Est. Attesa per il piano industriale

Paolo Stefanato

da Milano

Il solito paradosso: che cosa si fa per l’Alitalia? Uno sciopero, naturalmente. Proclamato ieri da Filt Cgil, Fit Cisl, Ugl, Sult e Unione Piloti. Non è uno sciopero aziendale, ma di settore: venerdì 29, tutto il trasporto aereo nazionale si fermerà per 24 ore, a causa della situazione «di emergenza». In una nota i sindacati «ritengono improcrastinabile l'assunzione di responsabilità da parte del governo, da mesi silente sulla grave situazione del settore che, totalmente privo di indirizzo strategico, costringe le imprese che vi operano a muoversi sul terreno della competizione in un quadro di regole incerte e non rispettate».
Il governo si fa sentire in ordine sparso, confermando la confusione che regna a ogni livello. Ieri il vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli (che ha anche la delega al Turismo) ha dichiarato che l’Alitalia va rafforzata, e che il governo non lavora «nè per svenderla, nè per chiuderla nè per cederla ad altri indirettamente». Lo dovrebbe fare? Rutelli poi ha aggiunto: «Con Prodi ci siamo già incontrati, così come con altri ministri. Ora serve un'accelerazione». Assicura che «tutti i dossier rimangono aperti, non solo quello con Air France-Klm». E ha rilanciato l’idea di un’alleanza in Estremo Oriente, com’era stato già ipotizzato nei giorni scorsi, indicando a Est i nuovi flussi di viaggiatori verso l’Italia. Ma un’alleanza con intreccio societario a grande distanza geografica risulta, allo stato, molto improbabile: finora esistono solo modelli di integrazione tra compagnie di Paesi più o meno limitrofi (vedi Air France-Klm, o Lufthansa-Swiss), che possono rispondere a immediati criteri di sinergie industriali. Intrecci societari «a distanza» non ce ne sono, se si esclude la partecipazione (importante) della Singapore Airlines al capitale della britannica Virgin Atlantic: ma qui si tratta di due compagnie di profilo elevato e specializzate in voli intercontinentali. Quindi non paragonabili alle esigenze dell’Alitalia.
Il governo non sta esprimendo una linea univoca. Se Padoa Schioppa (Tesoro, l’unico davvero titolato a esprimersi) ha riconfermato recentemente la sua fiducia a Giancarlo Cimoli, nei giorni scorsi un drappello nutrito e strepitante di ministri ha invocato la caduta della testa del presidente della compagnia. Il titolare dei Trasporti, Alessandro Bianchi, ha più volte auspicato l’ingresso nel capitale di un tour operator, senza peraltro entrare nei dettagli della proposta. Quindi senza approfondire il fatto che il settore turistico è, sì, un grande utilizzatore di trasporto aereo, ma che la sua ottica non è quella di una compagnia di linea (con la quale le sinergie sarebbero modeste), ma eventualmente quella del trasporto charter. Ieri il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, ha ribadito che la strada giusta per l’Alitalia «è quella di un’alleanza, che va perseguita insieme alla ridefinizione del piano industriale».
Il problema, tuttavia è un altro: come va rifatto, o aggiornato, il piano industriale? Quali possono essere i contenuti risolutivi? Sembra che una risposta a questi quesiti di fondo non ce l’abbia nessuno - solo parole in libertà - e che proprio l’assenza di autentiche strategie spieghi l’attuale permanenza al vertice di Cimoli, che dal canto suo sta lavorando a una riscrittura del piano. Non va sottovalutato un altro tema che sta emergendo con forza: il dualismo Fiumicino-Malpensa, che in passato sembrava superato sulla base di considerazioni di convenienza industriale ed economica. Le logiche romane stanno riemergendo.

E la candidatura di Maurizio Basile, attuale ad di Aeroporti di Roma, per la sostituzione di Cimoli, rientra proprio in questi schemi.

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