Alitalia svenduta? No, regalata. Ecco perché

Un vero affare. Air France si compra azioni proprie a sconto: paga 138 milioni una quota che ne vale 140. In più, in regalo, una compagnia aerea, una flotta, dei terreni immediatamente vendibili a Fiumicino, degli slot preziosissimi all’aeroporto londinese di Heathrow... Alitalia è un vero «cadeau», da scartare con cura.
Spieghiamoci meglio. Nel 2002 i vettori di Roma e di Parigi «cementarono» gli accordi commerciali appena sottoscritti e la comune appartenenza all’alleanza SkyTeam, con uno scambio azionario del 2%. In virtù di questo patto, al numero uno di Air France, Jean Cyril Spinetta, fu attribuito un posto nel consiglio di amministrazione alla Magliana, e al suo corrispondente italiano - Francesco Mengozzi, prima, Giancarlo Cimoli, poi - una simmetrica poltrona a Parigi. Nel tempo, queste partecipazioni hanno avuto destini diversi: quella in Air France di proprietà di Alitalia si è progressivamente valorizzata, per effetto dei buoni conti della compagnia d’Oltralpe e dell’operazione che l’ha legata all’olandese Klm; quella in Alitalia di proprietà di Air France, invece, si è progressivamente deteriorata, perdendo valore parallelamente alla perdita di quota degli aerei col timone bianco, rosso e verde. Tant’è che alla fine del 2005, quando Giancarlo Cimoli varò un aumento di capitale da un miliardo di euro, Air France dovette mettere mano al portafogli per mantenere intatta la propria quota: visto col senno di poi, quel gesto appare più di un messaggio d’amicizia, e lascia trasparire l’intento chiaro di mantenere un rapporto «forte» con l’alleato italiano. Air France in questi anni ha fatto soldi trasportando passeggeri e merci; Alitalia ne ha persi una valanga facendo volare gli aerei ma dall’investimento in azioni della società francese ha tratto solo soddisfazioni.
Parla il bilancio Alitalia 2006 (ultimo documento ufficiale disponibile): al 31 dicembre di quell’anno la partecipazione di Alitalia in Air France era valutata 140,177 milioni di euro, rivalutata a questa cifra - udite udite - dai 79,517 milioni di un anno prima. Quasi il doppio! La posta era stata inserita tra quelle «disponibili per la vendita», ma non risulta alle cronache (né alle due compagnie, interpellate) che ci sia stata variazione di sorta.
Alitalia oggi viene valutata circa 2 milioni meno di quanto valga la sua partecipazione in Air France. Un fatto squisitamente economico o l’estrema prova della «grandeur» (leggi: vanità) francese? È come dire: Alitalia vale meno di zero.

Tutto il resto, insomma, è un grande pacchetto regalo nel quale ogni asset è virtuale, con aerei, terreni e diritti trattati come una «manette» alle aste dell’Hotel Drouot, nella quale si vendono cianfrusaglie alla rinfusa.
Sono gli economisti a riportarci alla realtà: il valore di libro dei beni non è il valore dell’impresa. Quest’ultima per valere deve fare soldi, non perderli.
Paolo Stefanato

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