Sulla politica estera dellItalia, Pier Ferdinando Casini ha potuto contare su alcuni argomenti a favore delle sue iniziative: in questo campo il confronto deve mirare allessenziale, non può essere condizionato da problemi di schieramento politico interno. Sul Libano, lessenziale è che sia gli Stati Uniti e Israele, sia la Germania, la Francia e la Gran Bretagna sostengono lesigenza di una tregua, innanzi tutto per concentrarsi nel confronto con lIran e le sue manovre per dotarsi di bombe nucleari. Oggi la trattativa con Teheran condiziona tutte le altre questioni in ballo in Medio Oriente, dalla questione palestinese alla complessa stabilizzazione dellIrak. E dunque, fermare anche solo per un periodo liniziativa degli hezbollah con una forza dinterposizione dellOnu nel Libano del Sud è una necessità per tutto il pur variegato fronte occidentale. Né è sbagliato che un esponente dellopposizione, anche come autorevole rappresentante dellInternazionale dc, dia una mano al governo italiano nella trattativa con il regime degli ayatollah.
Detto questo, però, stupiscono le forme delliniziativa casiniana: invece di lavorare per costruire un rapporto tra la maggioranza di governo e la parte più possibile ampia dellopposizione, il leader dellUdc si fa in quattro per umiliare gli alleati, per esibirsi con un atteggiamento da primo della classe, incurante dei danni dimmagine che riesce così a provocare a tutta la sua parte politica.
Gli effetti nocivi di questo atteggiamento sono molteplici. Innanzi tutto gli si ritorce contro la sua stessa affermazione che in politica estera non bisogna curare meschini interessi di parte. Il suo stile, così diplomatico verso la maggioranza e così brusco verso gli alleati, è spiegabile solo con lattenzione ai piccoli vantaggi dimmagine che così ricava lUdc. Più in generale, la mancanza di prudenza e di dialogo con il centrodestra, dà spazio alla già consolidata arroganza dei leader del centrosinistra, provocando guasti politici.
Nessun leader europeo di centrodestra allopposizione, pur consapevole delle esigenze bipartisan della politica estera di una grande nazione, assume atteggiamenti così frettolosamente allineati al governo come quelli di Casini: né un David Cameron a Londra né un Mariano Rajoy a Madrid. In politica estera, peraltro, il governo Prodi, dallIrak allAfghanistan alle questioni dellimmigrazione clandestina, non manca di esprimere posizioni confuse quando non sbagliate, che una linea di sbracamento preventivo del centrodestra non consente di correggere.
Può darsi - Casini lo fa in qualche modo intravedere - che pesi anche un certo orientamento di Berlino. Ma già agli inizi degli anni Novanta i frettolosi e irrispettosi punti di vista dei democristiani tedeschi sulla situazione italiana hanno provocato guasti pesantissimi, come dovrebbe sapere lerede politico di Arnaldo Forlani. Non tenere conto di qualche semplificazione di troppo proveniente dalla Germania, non è segno di saggezza.
Naturalmente Casini non è Marco Follini, in preda ormai a risentimenti e velleitarismi che centrano poco con la politica, le mosse dellex presidente della Camera inseguono obiettivi a media scadenza che hanno una razionalità: le preoccupazioni per una nuova stagione di leadership berlusconiana, le ambizioni personali alla guida del centrodestra.
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