All’ex golden boy Gianni Rivera va il premio Veio

Il Premio Veio è andato al golden boy per antonomasia del calcio italiano, Gianni Rivera, l’«abatino» come lo chiamava Gianni Brera. Un nome che evoca un’altra epoca, grandi imprese sul campo, quando il pallone era soprattutto gioco. Un riconoscimento, organizzato come di consueto dal Rotary Club Roma Cassia, che ha avuto un destinatario certamente non scelto casualmente in un momento in cui il calcio è travolto dal più grave scandalo di tutti i tempi, schiacciato sotto «l’egida del dio denaro». «Ci vuole una nuova cultura e una nuova etica nello sport» ha detto molto semplicemente Gianni Rivera, «a differenza delle altre discipline il calcio è il solo che ha una federazione nel cui nome compare la parola “giuoco”. Ecco, se vuole salvarsi deve recuperare la dimensione del gioco». A premiarlo e a festeggiarlo tra i numerosi presenti il presidente del Rotare Club Roma Cassia, il professor Giuseppe Mennini, il presidente del Premio Veio, l’infaticabile marchese Antonio Bassano Cervo di Tufillo, e la presidentessa del Rotaract Roma Cassia, la dottoressa Angela Modafferi. Secondo il marchese Bassano «il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, un rito con protagonisti reali, sugli spalti e in campo».

Lui, il rossonero che fu l’alter ego di mille sfide ma sempre all’insegna della correttezza con il nerazzurro Sandro Mazzola, insomma Gianni Rivera, attualmente eurodeputato e consulente della giunta Veltroni, ha sapientemente fatto dribbling fra le domande del pubblico per tutta la serata. Fino all’ultima: «Lei che è stato così abile sul campo come ha fatto a non smarcare Bassano?» qualcuno ha chiesto. «Troppo difficile, praticamente impossibile» è stata la risposta.

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