All’inferno la «mano de dios»

Sì, certo, molti si sono chiesti se De Rossi avrebbe detto all’arbitro che aveva deviato in rete con la mano se la Roma stava perdendo un derby e non vincendo col Messina, ma intanto il bel gesto lo ha fatto e quindi viva De Rossi. Viva questo ventiduenne romano che ha dimostrato ben più coraggio del questore di Lecce che, sospesa dall’arbitro per ben due volte, per fumogeni e per petardi, la partita con il Parma, non è mai intervenuto per applicare il decreto Pisanu e mandare tutti a casa. A cosa serve fare la voce grossa, se poi non seguono i fatti?
De Rossi invece ha fatto gol e poi ha fatto autocritica. È stato davvero un bel gesto, assolutamente inatteso e proprio per questo importante, un raggio di sole nel buio ultrà.
Gesto importante perché possiamo timidamente pensare che il risultato non sia tutto, come il fine per una volta non abbia giustificato il mezzo. Machiavelli ha giustificato, vent’anni fa in Messico, Maradona e la sua male/benedetta “mano di Dio” a segno con l’Inghilterra, come se il creatore avesse tempo per occuparsi dei destini di una partita di pallone. Però tutti a celebrare il genio che si inventa il colpo proibito, il gol con la mano nell’ultimo sport dove è vietato usare le mani, il paradosso assoluto, il furto con destrezza applaudito per la sua genialità.

Lo applaudirono in particolare da noi, perché Diego giocava a Napoli e perché avevamo salutato come una furbizia intelligente la manina con la quale si aiutò Silvio Piola nel pareggio del ’39 a San Siro contro l’Inghilterra, sempre lei. Alla fine, uscendo in barella per un infortunio, De Rossi dev’essersi chiesto se l’infortunio era colpa degli accidenti che gli hanno riservato i tifosi quando il Messina rischiava di pareggiare.

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