Livio Caputo
Per la diplomazia italiana è allarme rosso. Il Gruppo dei quattro, formato da Germania, Giappone, Brasile ed India, sostiene di avere già in tasca 120 dei 128 voti necessari a far approvare dall'Assemblea generale dellOnu la risoluzione-quadro che istituirebbe sei nuovi seggi permanenti nel Consiglio di Sicurezza. Una bozza di questa risoluzione sta già circolando a New York e se fosse presentata con procedura durgenza, potrebbe essere messa ai voti nel giro di 24 ore. Per ora, essa non indica i Paesi destinati a occupare questi seggi, ma in caso di approvazione questi saranno designati in settembre: i due posti rimanenti sono destinati allAfrica, e i candidati più accreditati sono Sud Africa ed Egitto.
Cè perciò il rischio che tra pochi giorni, o al massimo tra poche settimane, la battaglia iniziata dallItalia dodici anni fa per non diventare (insieme con il Canada) lunico membro del G8 a non sedere in permanenza nel Consiglio di sicurezza si concluda con una sconfitta. In realtà, la partita è ancora tutta da giocare e il gruppo «Uniti per il consenso» formato al Palazzo di Vetro dal nostro ambasciatore Marcello Spatafora rimane in grado di mettere insieme la minoranza di blocco (un terzo dei voti più uno) necessaria a fermare la riforma. Lesito dipenderà da pochi voti e anche il passaggio dellAlbania dal campo tedesco a quello italiano potrebbe essere importante.
Bisogna dire subito che la battaglia non è stata ad armi pari. Gli emissari di Giappone e Germania, ultimamente spalleggiati anche da indiani e brasiliani, stanno girando da anni per tutte le capitali del mondo per promuovere la loro causa, facendo ampio ricorso al libretto degli assegni. Nei confronti dei Paesi più deboli, non sono mancati ricatti e pressioni anche brutali. Ancora in questi giorni, sono allopera missioni di alto livello, che si rivolgono direttamente ai capi di Stato e di governo.
LItalia, dove la Cooperazione allo sviluppo non è mai stata veramente percepita come unarma e comunque dispone di risorse limitate, ha dovuto ripiegare su altri mezzi. Al progetto di sei nuovi membri permanenti (sia pure privi del diritto di veto di cui godono Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina), ha contrapposto quello di altrettanti seggi semipermanenti da far ruotare ogni quattro anni tra i principali Paesi delle varie aree geografiche. In quello riservato allEuropa, cioè, dovrebbero alternarsi la stessa Germania, lItalia, la Spagna e magari Polonia e Turchia; in quello africano Sud Africa, Egitto, Nigeria, Kenya, Marocco, Algeria ed Etiopia; in quello latinoamericano Brasile, Argentina, Messico, Venezuela e Cile, in quelli asiatici, oltre a Giappone e India, anche Pakistan, Indonesia, Corea del Sud, Iran, Thailandia.
Con questo schema, la nostra diplomazia è riuscita a conquistare lappoggio di buona parte dei Paesi interessati. A questo gruppetto di 20-25 se ne sono aggiunti altri 30-35, o perché pregiudizialmente contrari a uno dei membri del Gruppo dei Quattro, o perché ritengono che alla riforma sia necessario arrivare con un ampio consenso e non a seguito di un braccio di ferro tra due blocchi. Le ultime mosse dellItalia sono dirette appunto ad allargare questarea, facendo leva sul fatto che la riforma dellOnu non deve soddisfare le ambizioni di qualche grande potenza, ma rendere listituzione più efficiente.
Lesito della battaglia dipenderà anche dallatteggiamento dei cinque membri permanenti attuali, che in Assemblea dispongono di un solo voto come gli altri, ma che in sede di Consiglio di Sicurezza potrebbero ancora bloccare tutto. Per i forti legami che hanno con Berlino, Francia e Russia appoggeranno il piano nippo-tedesco e la Gran Bretagna dovrebbe fare lo stesso con lo scopo recondito di impedire che si arrivi mai a un seggio riservato allUnione Europea. La Cina appoggia la candidatura tedesca, ma per ragioni insieme storiche e geopolitiche è fortemente contraria a quella giapponese, cui minaccia di opporre il veto. Gli Stati Uniti, al contrario, sono pronti ad accontentare Tokio (e, con qualche ambiguità, anche Brasilia e New Delhi), ma hanno espresso riserve su Berlino, che tuttavia potrebbero cadere se in settembre il «nemico» Schröder dovesse cedere il posto alla filoamericana Merkel. Bush ha promesso allalleato Berlusconi di tenere conto degli interessi dellItalia, ma non si è spinto fino a promettergli di schierarsi dalla nostra parte. È, tuttavia, in grado di orientare un certo numero di voti, nonostante lhandicap dello scrutinio segreto.
La nostra diplomazia ha comunque ancora varie frecce al suo arco, tenendo anche conto che o i Quattro entrano tutti insieme, o non ne entra nessuno. Nellimmediato, deve cercare, con i suoi alleati, di impedire lapprovazione della risoluzione-quadro, che rappresenterebbe una sconfitta politica.
Se dovesse perdere la sfida di giugno, dovrebbe concentrarsi sulle fasi due e tre, cioè prima sulla scelta da parte dellAssemblea (ma con ratifica del Consiglio di Sicurezza) dei nuovi membri permanenti e poi sulla ratifica del nuovo Statuto dellOnu da parte degli altri Stati. Ci sono, per esempio, buone probabilità che, al momento buono, si verifichino divisioni nel blocco avversario (il Giappone si sta accorgendo che la Germania non è sempre un alleato comodo), e che un certo numero di Stati boccino la soluzione trovata.
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