All’ultima spiaggia: un’estate da dimenticare

Valeria Arnaldi

Un’estate da dimenticare. È decisamente negativo il bilancio dei gestori degli stabilimenti sul litorale laziale. La stagione, considerata ormai conclusa, ha fatto registrare, infatti, un sensibile calo di presenze nelle strutture balneari, da Civitavecchia e Santa Marinella fino a Nettuno e Sabaudia, passando per le spiagge di Ostia e Fregene. «Negli stabilimenti di tutta la regione c’è stata una riduzione del trenta per cento dei consumi, sia negli accessi alle spiagge che nelle spese direttamente collegate, compresi bar e ristoranti - dice Fabrizio Fumagalli, presidente per il Lazio del Sindacato Italiano Balneari -. I clienti sono meno e molto attenti alle spese. Il problema è grave e generalizzato, tanto da aver messo in crisi numerosi proprietari che sono stati o saranno costretti a vendere le strutture. Non si sono salvate neanche località note come Terracina, Fiumicino, Minturno e Anzio». Diverse le cause. Da un lato il maltempo, che ha concesso temperature pienamente estive solo nel mese di luglio, a fronte di giugno e agosto, caratterizzati da frequenti piogge. Dall’altro una più generale contrazione delle spese che le famiglie destinano al divertimento. A incidere, però, sono anche mode e tendenze. «È cambiato il modo di vivere il mare - prosegue Fumagalli -. Fino a pochi anni fa, i giovani venivano in comitiva dalla mattina per fare il bagno, giocare a pallone, stare insieme divertendosi. Ora, vengono al tramonto per prendere l’aperitivo, cenare e andare a ballare. Stanno fuori la notte e di giorno dormono. Cercano intrattenimenti lontani dalla nostra tradizione, svaghi di importazione in un certo senso. La parola d’ordine è sregolatezza, con ciò che comporta, dall’eccessivo uso di alcol alla sporcizia delle molte bottiglie vuote abbandonate, fino a problemi di ordine pubblico. Per sopravvivere, i vecchi balneari e ristoratori finiscono per vendere ai titolari di locali o proporre servizi all’insegna di una notte libera, per i quali il mare è solo contorno. Il fenomeno è preoccupante dal punto di vista commerciale, e anche socio-culturale». Malgrado la presenza di numerosi locali di intrattenimento, anche le spiagge più vicine a Roma hanno registrato un forte calo di presenze. La più penalizzata è stata Fregene che, complice il problema della comparsa di alghe e quindi l’aumento di tratti soggetti a divieto di balneazione, ha visto ridursi non solo il «pendolarismo» dei bagnanti capitolini ma il numero degli affittuari da vacanza. Molti dei proprietari che, ogni estate, ad agosto, affittano le ville - cinque/seimila euro al mese il prezzo medio -, alla notizia dei divieti hanno dovuto accettare la rescissione del contratto. Meno bagnanti anche a Ostia, capofila tra gli «innovatori del mare» con i suoi stabilimenti con piscine, centri benessere, attività sportive e ricreative, massaggi, e perfino hammam. La realtà ha drasticamente smentito le stime che annunciavano un aumento di presenze del nove per cento. «Attendevamo una ripresa; c’è stato, invece, un calo del dieci per cento nel numero di bagnanti - commenta Renato Papagni presidente Assobalneari Roma -, del cinque per cento nei consumi di gelati e del dieci per cento in quello di bibite. Roma ha registrato un aumento dell’otto per cento di visitatori, di questo flusso sulle spiagge è arrivato solo lo 0,18 per cento. È il segno che bisogna cambiare strategia e inserire il litorale nel percorso di turisti italiani e stranieri». Alcuni esperimenti sono già stati effettuati con la vendita di pacchetti giornalieri a tour operator e strutture alberghiere. A settembre sarà lanciata una vera e propria campagna che culminerà con una convention sullo sviluppo del litorale. «Negli ultimi anni eravamo riusciti a riportare sulle spiagge di Ostia la Roma bene - dice Papagni -, anche grandi nomi come quelli che la frequentavano nel periodo d’oro degli anni sessanta. Oggi la clientela è cambiata, il livello si sta abbassando e se non si prenderanno provvedimenti rapidi, rischiamo di condannare la zona a un degrado irreversibile». Per rilanciare Ostia si punterà quindi, sui grandi circuiti turistici. Molte le questioni da risolvere prima di affrontare la sfida, a cominciare dalle infrastrutture. «Parte del calo registrato tra gli stessi romani - per Papagni - dipende dalla difficoltà di raggiungere gli stabilimenti. Spesso occorre più di un’ora di auto dalla città e altrettanto per trovare un parcheggio. Non sono poche le persone che rinunciano. Bisogna potenziare i collegamenti e aumentare le aree di sosta. Abbiamo presentato al Comune un progetto per ricreare le dune sul lungomare, realizzando 4200 posti auto gratuiti. Poi bisognerà pensare ad offerta alberghiera e adeguamento di servizi.

Gli stabilimenti sono all’avanguardia ma c’è differenza tra fare accoglienza ai romani, molti dei quali vanno nella stessa struttura da anni, e soddisfare le esigenze di clienti ogni giorno diversi. Sarà un forte stimolo al miglioramento culturale e professionale degli operatori del settore».

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