Allarme aviaria, l’Inghilterra pronta al telelavoro

Tra le iniziative previste anche la «delocalizzazione temporanea» in nazioni più sicure

Lorenzo Amuso

da Londra

Niente ufficio, tutti a casa. È questo il piano delle principali aziende britanniche qualora scoppiasse una pandemia di influenza aviaria sull'isola. Incassato il no del governo, che ha annunciato di non prevedere speciali protezioni, nè tanto meno la mobilitazione dell'esercito, in difesa dell'industria privata, numerose società inviteranno i propri dipendenti a lavorare da casa. Una misura per limitare al minimo il rischio di contagio e nel contempo garantire il regolare proseguo del ciclo produttivo. Tra le iniziative previste - secondo il Sunday Telegraph - c'è anche l'ipotesi di delocalizzare temporaneamente, in nazioni ritenute più sicure, alcune attività, che, viceversa, nel Regno Unito, rischierebbero la paralisi a causa di una più che probabile epidemia su scala nazionale. Secondo le ultime stime governative sarebbero circa 15 milioni i potenziali contagi qualora il virus H5N1 superasse i confini nazionali. Una previsione in linea con quanto temuto dall'Organizzazione Mondiale della Salute che proprio la settimana scorsa, definendo l'arrivo dell'influenza aviaria nel Regno Unito «inevitabile e con ogni probabilità imminente», ipotizza un'emergenza che investirebbe fino al 25 per cento della popolazione. In termini di forza lavoro, una simile diffusione comporterebbe una riduzione complessiva di oltre il 20% (circa 7 milioni). Decisamente più pessimistiche le proiezioni della Hsbc, la terza banca più grande al mondo, che ha calcolato che la metà dei suoi dipendenti rischia di rimanere a casa qualora il virus dell'influenza aviaria cominciasse a trasmettersi tra gli esseri umani. Alcune aziende - come la casa farmaceutica AstraZeneca, in previsione di una momentanea riduzione del personale pari a 6.400 unità - hanno già previsto una taskforce. Altre società - al contrario - preferiscono ridimensionare il pericolo, rifiutandosi di offrire stime sulla possibile riduzione del personale. Altre ancora - come la Vodafone, la PriceWaterhouseCoopers e la Kpmg - hanno fatto sapere che discuteranno al più presto con le rappresentanze sindacali per consentire ai propri dipendenti di lavorare da casa, predisponendo videoconferenze e reti informatiche. «L'influenza aviaria rappresenta una vera minaccia che dobbiamo affrontare con la massima serietà - ha dichiarato un alto dirigente del gigante della telefonia Vodafone, 13.000 dipendenti in Gran Bretagna -. La possibilità di lavorare da casa proteggerebbe il nostro personale e garantirebbe la continuità del servizio». Ma il «coprifuoco lavorativo» non è l'unica strategia al vaglio delle aziende. La società di assicurazioni Norwich Union, per esempio, sta verificando la possibilità di spostare i suoi call-centre in nazioni ritenute meno a rischio, come l'India e lo Sri Lanka. Una scelta, peraltro, che consentirebbe un notevole risparmio sui salari. Secondo l'opinione più diffusa tra gli scienziati è solo una questione di tempo prima che il virus H5N1 possa trasmettersi tra gli uomini.

Non potendo contare su speciali piani di soccorso da parte del governo, che nei giorni scorsi ha ammesso tramite una fonte vicina al Cabinet Office di non poter «provvedere a tutte le emergenze», dovranno dunque essere le stesse società private ad attivarsi in tempo utile per limitare le conseguenze di un'eventuale contaminazione.

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