
Oggi? «Le mafie non si fanno affatto la guerra, anzi... Dobbiamo aspettarci alleanze per gestire interi settori economici e poi dividersi i proventi». Il procuratore aggiunto Alessandra Dolci, a capo della Dda, interviene al convegno sulla mafia al Nord organizzato da Libera. E delinea, ancora una volta dal proprio osservatorio di primo piano, il fenomeno radicato a Milano e in Lombardia e la sua precisa evoluzione.
Alcuni esempi di frasi intercettate durante le indagini, che dimostrano le saldature tra organizzazioni un tempo rivali: «Meglio un brutto accordo di una bellissima guerra» oppure «La guerra porta solo disgrazie, la pace fa bene a tutti». Dall'operazione del 2010 Crimine-Infinito, spartiacque dell'anti mafia lombarda che ha rivelato il sistema organizzativo della 'ndrangheta, è cambiato quasi tutto. «Oggi il volto della mafia calabrese è completamente diverso - spiega Dolci -. Violenza e intimidazioni rappresentano un'eccezione e i reati spia (come usura, incendi dolosi, estorsioni, ndr) sono praticamente azzerati. In compenso gli indagati delle nostre inchieste sono coinvolti in una miriade di attività economiche. Un tempo erano tutti nullafacenti, ora sono tutti imprenditori». Le inchieste quindi scovano numerosi reati economici, bancarotte, società fittizie che aprono e chiudono, che sfruttano crediti d'imposta. «Le cosche sono molto impegnate nell'evasione fiscale. E sono spesso percepite come semplici evasori e non come criminali». In particolare si dedicano a fornire i servizi che le grosse aziende preferiscono esternalizzare: facchinaggio, pulizie, logistica. «Queste società in mano alla mafia hanno spesso la forma di cooperative - continua il magistrato -, impiegano soprattutto lavoratori stranieri che sfruttano con il caporalato e non pagano le tasse. Ma il committente che gode di prezzi stracciati non sa nulla?...».
Rivolta ai molti ragazzi in sala, Dolci ha dichiarato: «La vostra presenza dà un senso al mio lavoro». Il sostituto procuratore, molto impegnata nelle scuole, ha sottolineato l'importanza della formazione dei giovani nella lotta alla mafia.
Oltre all'«inefficacia della sanzione penale: di recente mi sono dovuta occupare di persone già più volte condannate per mafia. La mia esperienza mi dice che chi è mafioso lo è per sempre». Il convegno si è chiuso con un ricordo di Marcello Musso, magistrato impegnato nella lotta alla mafia, morto nel 2019.