All'Auditorium di Roma va in scena l'ultimo appuntamento con Fluxus, il gruppo neodadaista nato  nel 1961 per «la fusione di tutte le arti». Dopo George Maciunas, George Brecht, Wolf Vostell,  Nam June Paik e Giuseppe Chiari, è la volta di Robert Filliou, sesto ed ultimo appuntamento del  progetto «Luxus Biennial, 730 giorni hic et nunc», curato da Achille Bonito Oliva.
 Il programma prevede infatti fino al 15 gennaio una serie programma di piccole-grandi mostre di  alcuni protagonisti di questo movimento, molto radicato in Germania, anche se vi aderiscono  diversi artisti americani. Ad ogni appuntamento espositivo è abbinato un calendario di concerti  e performance, storiche e contemporanee, con il coinvolgimento diretto degli artisti, ai quali  viene chiesta una rilettura di quello spirito di immediatezza e di «relazione-interazione con  l'individuo» alla base della filosofia e dell'estetica intermedia del movimento.
 Per la performance inaugurale, il 2 dicembre, è stata invitata l'artista italiana residente a  Londra Sandrine Nicoletta, il cui lavoro è teso a coinvolgere allo stesso modo gli  attori-performer e gli spettatori nella ridefinizione e reinvenzione di come lo spazio fisico,  mentale e sociale può essere percepito e vissuto oltre le norme codificate.
 Ora tocca a Fillou, che rappresenta in pieno, nell'incrocio dei generi che ha frequentato -  poesia, saggistica, arti visive, musica - la caratteristica multidisciplinarietà e apertura  transnazionale del gruppo. Artista concettuale e scrittore francese, Filliou studia economia e  scienze alla University of California di Los Angeles. Dopo avere lavorato come drammaturgo, nel  1960 presenta la prima delle sue performance che prevedono l'ampio uso del testo e della  recitazione. Nel 1962 aderisce al movimento Fluxus. Nell'ambito del movimento, non solo continua  a realizzare performance e altri lavori effimeri giocati sull'aleatorietà del caso, ma si dedica  ad azioni concettuali: la fondazione di una "République Geniale", la realizza film e video,  l'invio per posta di «oggetti enigmatici» come forma di mail-art. «Tutto il mio lavoro - dice -  è contro le idee tradizionali sull'individualità dell'artista».
Fillou collaborando perciò spesso e volentieri con altri «compagni di strada» come Joachim Pfeufer e George Brecht. Le sue opere usano una larga varietà di materiali e si determinano di volta in volta per formati, supporti o tecniche, ma rimangono sempre legate al «potere evocativo della parola».