In mancanza del polpo Paul che con le sue profezie ci ha smarronato ai Mondiali, archiviata il più in fretta possibile la figuraccia dellItalia spazzata via da Sudafrica 2010 con la peggior serie negativa della storia azzurra, forse basterebbe una seppia Luisa a cercare di capire che campionato ci aspetta a partire da oggi pomeriggio alle 18 e fino al 22 maggio del prossimo anno, ultimo torneo prima che entrino in vigore le regole economiche («fair play finanziario», le chiamano) imposte dalla Uefa alle società, pena lesclusione dalle (ricchissime) competizioni europee, e che impongono (imporrebbero, of course) un equilibrio di bilancio, con entrate pari alle uscite e pagamenti puntuali.
Partiamo dalle certezze. I soliti lamenti: stadi obsoleti, ingaggi inevitabilmente faraonici, stadi sempre più vuoti tra calo degli abbonamenti e tessere che infuocano lanimo (e non solo quello) ultrà, merchandasing vanificato dalle contraffazioni, ricavi che non decollano (2 miliardi di debiti per la Serie A contro un fatturato annuo di 1,6). Persino gli introiti da sponsor sono diminuiti del 23% rispetto alla scorsa stagione, posizionandosi a quelli di 10 anni fa. E meno male che ci sono i diritti tv, il 63% sul totale dei ricavi della «A», percentuale tra le più sbilanciate in Europa. E ancora: la violenza degli imbecilli, che hanno già dato avvisaglie di esistenza in vita, e che purtroppo non si combatte né tantomeno sconfigge con una tessera di plastica.
Tra le incertezze: il livellamento verso lalto della classe media pallonara, la crescita della nuova borghesia del calcio pronta a sgomitare dietro le cosiddette grandi. Senza contare che il campionato parte e ci sono ancora alcuni giorni di mercato.
Come si dice tutti gli anni, un campionato combattuto e indecifrabile. Ci sarà da divertirsi. Speriamo.
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