Alle donne il giallo dona sempre

Anatomopatologhe, ispettrici, criminologhe, poliziotte. Dalla Mademoiselle de Scudéry creata da Hoffmann nel 1820 ai fumetti di «Julia», il successo delle Signore detective

Un mestiere inadatto a una donna o il lavoro che lei sola può fare? È quello delle «signore in giallo», oggi più popolari dei loro colleghi. Chi non ha letto almeno un’avventura di Kay Scarpetta, l’anatomopatologa più famosa del mondo, creatura autobiografica di Patricia Cornwell (a proposito: a febbraio uscirà Il predatore, Mondadori)? Se poi accendiamo la tv è impossibile non imbattersi in qualcuna delle poliziotte della fiction, senza parlare delle investigatrici dilettanti, capeggiate dall’inossidabile Jessica Fletcher, giù giù fino alla Camilla professoressa-detective di Veronica Pivetti - ispirata al romanzo di Margherita Oggero Una piccola bestia ferita (Mondadori) - che ha sbaragliato gli indici di ascolto. Perfino nel fumetto, finora incontestato dominio maschile, spopola la criminologa Julia (Sergio Bonelli editore).
Un filo rosso, anzi rosa, attraversa la storia del giallo fin dalle origini, perché la prima investigatrice è addirittura più vecchia del primo investigatore: Mademoiselle de Scudéry, la più romantica delle detective, esce dalla penna di T.A. Hoffmann negli anni Venti dell’Ottocento, mentre Monsieur Dupin, di Edgar Allan Poe, entrerà in azione soltanto nel 1841. E anche Sherlock Holmes ha le sue rivali: sono le Lady Detective a cui Mirella Scriboni ha dedicato la raccolta Un mestiere da donne. Racconti gialli di scrittrici dell’Ottocento (Luciana Tufani Editrice). D’altronde, le donne leggono di più: anche i gialli.
E sempre più li scrivono. Come la newyorkese Sandra Scoppettone, autrice culto di una serie di romanzi - editi in Italia da e/o - che hanno come protagonista Lauren Laurano, giovane detective lesbica e femminista che vive nel Greenwich Village; o come la nostra Elisabetta Bucciarelli, nuova scoperta del noir alla milanese: con Happy Hour (Mursia) ha dato vita all’ispettrice Maria Dolores Vergani, detta Doris. Un perfetto esempio di indagine al femminile: spirito di osservazione innanzitutto. «Non per nulla Doris era una psicologa - spiega la giovane autrice -, poi sospesa dall’Albo perché una sua paziente ha ucciso il fidanzato e lei non è stata capace di evitarlo. Allora ha ribaltato la sua vita: se non può prevenire il male, lo combatterà. Non con una pistola alla mano, però, quanto con l’attenzione alle sfumature, anche e soprattutto quelle dei sentimenti».
Ovvero la specialità della «madre di tutte le investigatrici»: Miss Marple, creata esattamente 75 anni fa dalla penna di Agatha Christie, regina del mystery di ogni tempo, con 2 miliardi di libri venduti. Il suo segreto? Secondo i linguisti dell’università di Warwick, che hanno analizzato al computer le sue opere, la scrittrice inglese usava nella narrazione tecniche simili a quelle utilizzate da ipnoterapeuti e psicologi per catturare l’attenzione dei pazienti. Vero o no che sia, la Christie conosceva bene la psicologia; come Miss Marple, del resto. Che ha per motto: «La natura umana è sempre la stessa». Nel bene come nel male: ed ecco perché un insignificante fatterello che avviene nel suo paesino può fornire all’infallibile vecchietta la chiave per risolvere un delitto avvenuto chissà dove. Certo, bisogna essere capaci di focalizzare particolari che agli altri sono sfuggiti: un oggetto fuori posto, una frase inopportuna, addirittura un battito di ciglia. Saper vedere, e saper ascoltare.
Come fa Doris Vergani, anche se vive in un mondo ben diverso dalla tranquilla St. Mary Mead. La Milano degli happy hour, appunto, e dei vernissage: un enorme shaker dove le parole si mischiano fino a diventare indistinguibili. A meno che non si sappia usare la grande arma femminile del silenzio. È così che Doris riesce a ricordare gli indizi e far emergere la verità. Magari mentre si isola nella vasca da bagno, dove combatte i segni dell’età con le armi della cosmesi, autoconvincendosi che a quarant’anni si è splendide più che a venti. «Quella del tempo che passa - ammette Elisabetta Bucciarelli - è la debolezza della mia detective. E quale donna non ne ha? Anche se fa un mestiere da uomo; anzi, soprattutto se lo fa, perché per questo si ritrova più sola con tutte le sue contraddizioni: a cominciare dal sogno di una vita normale, l’amore, la famiglia. Ma non è detto che prima o poi non glielo farò realizzare».
Niente trench e whisky alla Humphrey Bogart, quindi, per le signore delle indagini: piuttosto una bella tazza di tè rosso. Come dice Precious Ramotswe, l’unica donna detective del Botswana, «Il tè è sempre una soluzione» (come da titolo dell’ultimo romanzo di Alexander McCall Smith, Guanda). Lo offre anche ai clienti della sua «Ladies’ Detective Agency N.1», per aiutarli a raccontare i loro problemi: lei, dal canto suo, ascolta. Poi verrà il suo turno di parlare, anzi di chiacchierare senza fretta, seduta nei cortili dei villaggi, al tramonto, ascoltando i pettegolezzi: è così che questa rotonda (lei preferisce dire «dalla corporatura tradizionale») ma infallibile signora indaga, smascherando truffatori e avvelenatori. Sempre rispettando il «botho», ovvero cortesia e educazione: quel che rende speciale il Botswana, secondo i suoi abitanti. E secondo Alexander McCall Smith, l’autore scozzese innamorato di questo incredibile Paese quanto la sua detective.
Se amate la Spagna, invece, potete seguire le indagini di Petra Delicado, ispettrice della polizia di Barcellona, e del suo vice Fermín Garzón, la coppia creata dalla fantasia di Alicia Giménez-Bartlett, nata ad Almansa nel 1951, e autrice di una fortunata serie di gialli pubblicati in Italia da Sellerio. Se è invece il Grande Nord ad affascinarvi, potete fare conoscenza con Rebecka Martinsson, avvocato fiscalista, nata a Kiruna in Lapponia (come la sua creatrice, Asa Larsson, autrice di Tempesta solare, Marsilio) e con la sua involontaria alleata, l’ispettrice di polizia Anna-Maria Mella. Due donne diverse fra loro come il giorno e la notte: una tutta lavoro e solitudine, con i suoi tailleur made in Italy nell’armadio, l’altra, alle prese con la quarta gravidanza e una montagna di biancheria sporca in lavanderia. Ma in comune hanno più di quanto non sappiano: umanità, senso dell’umorismo e amore per la verità. Anche quella sulla morte del compagno d’infanzia di Rebecka, il “Ragazzo del Paradiso”.
Cambia la latitudine ma il metodo no: silenzio e spirito d’osservazione sono le migliori frecce all’arco di tutte le «nipotine» di Miss Marple. Così simili fra loro, eppure diverse, come diversa è la realtà in cui vivono. Così, se Doris Vergani non sfugge alla solitudine di tante milanesi in carriera, Anna-Maria Mella, da buona scandinava, non si sogna neppure di scegliere tra famiglia e lavoro. Quanto alla signora Ramotswe, impossibile immaginarla lontana dall’Africa.

Al punto che la lettura delle sue storie è consigliata dai siti ufficiali del Botswana a chi vuole conoscere il Paese. Dando ragione a Paul Auster: «Il lettore vede i dettagli del mondo solo attraverso gli occhi dell’investigatore».

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