Alle feste del Pd vincono solo gli squadristi

L'ad di Fs contestato a Genova dai no global come il leader della Cisl l'anno scorso a Torino. Il mondo di Bersani e la sinistra extraparlamentare non hanno mai "divorziato"

Alle feste del Pd vincono solo gli squadristi

Quanto il Pd sia allo sbando è egregiamente dimostrato dal fat­to che neppure riesce a garanti­re l’incolumità dei suoi ospiti. Da un paio di edizioni, l’annua­le Festa Democratica - l’ex festi­val dell’Unità - è più pericolosa di un safari per gli invitati costret­ti a fuggire a gambe levate. L’al­tra notte a Genova è stata la volta dell’ad delle Ferrovie, Mauro Moretti. Salito sul palco, è stato contestato da due gruppi. Uno, sacrosanto, formato dai familiari delle vittime di Viareggio. Gli hanno gridato «assassino», restando però surplace. L’altro,che invece si è preci­pitato verso il palco al grido «giù le mani dalla Val di Susa», rappresentato dai soliti no global. I truci ragazzotti, venuti alle ma­ni con la polizia, hanno spedito all’ospe­dale un inerme piddino del servizio d’ordi­ne e costretto Moretti alla fuga. L’ad delle Ferrovie si è giusto fermato un istante con i viareggini per dirsi certo che il processo individuerà il responsabile della strage, prima di sparire nella notte tra ali di poli­ziotti.

La vicenda Moretti è la prova del nove che prima di accettare un invito alla Festa Democratica meglio pensarci due volte e, se si decide per il sì,fare testamento.L’an­no scorso a Torino, di questi giorni, il capo della Cisl, Bonanni, per poco non ci lascia­va le penne. Si beccò un fumogeno lancia­to d­a una militante del centro sociale Aska­tasuna, la ventiquattrenne Rubina Affron­te, figlia di magistrato. La leggiadra, subi­to circondata da giornalisti festanti, ha commentato: «Un fumogeno non ha mai ucciso nessuno».

«Di giacche Bonanni se ne può comprare altre. Non piangiamo certo per un pezzo di stoffa», hanno ag­giunto i sodali askatasunones. Bonanni nel frattempo, ringraziato il cielo di non es­sere stato colpito in faccia sennò sarebbe rimasto sfregiato per la vita, ha infilato l’uscita augurandosi di non essere più og­getto di cortesie da Bersani & co. In tutto questo - a Torino l’anno scorso, a Genova quest’anno-a brillare per assen­za è stato il Pd, partito pastafrolla in balia del primo che passa. Sconcertante il con­fronto con il passato comunista e pidiessi­no, quando le feste erano un felice connu­bio tra salamelle e vigile militanza. C’era un vero servizio d’ordine di baldi giova­notti che facevano, sì, tanto gioventù litto­ria, ma davano al visitatore festivaliero la garanzia che sarebbe uscito con i suoi pie­di come ci era entrato. Tutto, nel Pci-Pds era calcolato e imbrigliato. Le correnti ir­reggimentate e gli estremisti, considerati affetti da malattia infantile, isolati. Oggi che gli eredi si dichiarano riformisti, sono infiltrati da ogni lato dai sinistri più diver­si. Formalmente staccati, di fatto gente di casa.

Se gli episodi squadristici avvengono sempre nei dintorni del Pd non è casuale. Il mondo di Bersani e la sinistra extrapar­lamentare - Sel, i rifondazionisti di Paoli­no Ferrero, no global - non hanno mai di­­vorziato. Fingono di guardarsi in cagne­sco, ma c’è sempre un episodio che li uni­sce: un’elezione, uno sciopero generale, un referendum ecologista. Nei momenti salienti, marciano di pari passo. Se c’è da far casino, stanno insieme. Il boicottag­gio con pugni e schiaffi del Giro della Pa­dania è stato organizzato dai manipoli di Ferrero, ma i Pd locali si sono accodati mettendo a disposizione i propri picchia­tori. Nella totalità dei casi, se gli estremisti si agitano, il Pd volta gli occhi dall’altra parte. Sono anni che occupano aule, im­pediscono dibattiti o presentazioni di li­bri non graditi. A quelli del Pd- che hanno sempre in bocca, e anche nel nome, la pa­rola democratico - di questo scempio de­mocratico non importa un baffo e non gli esce un fiato. Con rade eccezioni, rappre­sentate in genere da Veltroni che alza la te­sta per dirsi indignato e la riabbassa per continuare le sue trame. È chiaro che la mancanza di reazioni serie a queste ma­s­calzonate equivale a un’assolutoria striz­zatina d’occhi.

Con l’effetto che i Pd da un lato e i casini­sti dall’altro si sentano parte di uno stesso ceppo che il tempo riunirà.

Se è vero che gli ex Pci non attraggono più i ventenni che gli preferiscono le baliverne no glo­bal, possono sempre sperare - mostran­dosi comprensivi oggi - che, arrivata l’età della pancetta, gli scapestrati infilino nel giustacuore la foto di Bersani e rientrino all’ovile. Se questo è il rapporto reale tra Pd e sinistra dei candelotti, gli infiltrati di famiglia alle Feste Democratiche ci saran­no sempre e le teste rotte pure. Ospite avvisato...

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