Gli alleati aspettano l’Udc al varco del proporzionale

Un ministro azzurro: «È un continuo rilancio, non possiamo inseguirli all’infinito»

Gli alleati aspettano l’Udc al varco del proporzionale

Fabrizio de Feo

da Roma

Ci sono gli incendiari, quelli che di fronte allo stillicidio dei malumori centristi suggeriscono di passare alla controffensiva e dettare un contro-ultimatum, un classico «o con noi o contro di noi». E ci sono i pompieri, quelli che invitano a tenere i nervi saldi per districare la rete della «discontinuità» folliniana.
Il giorno dopo l’ennesimo botta e risposta a distanza tra i colonnelli azzurri e la segreteria Udc, dentro Forza Italia sale come un’onda la diffidenza verso gli alleati-ribelli. Fuori dall’ufficialità domina il disincanto. «Noi siamo qui a sopportare, a mediare, abbiamo anche provato con la visita di Bondi ad Ansedonia e con l’apertura sul proporzionale a dare segni concreti di buona volontà ma tanto non se ne esce» dice un ministro azzurro. «Loro rilanciano e noi non possiamo andargli dietro all’infinito». Anche dentro An i malumori iniziano a montare. «Il sospetto è che vogliano farsi dire: “Andatevene. Non siete inquilini ben accetti”. Così da non vedersi appiccicata addosso l’etichetta dei voltagabbana» suggerisce un colonnello.
Non tutti, però, condividono la stessa insofferenza. Ignazio La Russa, da Mirabello, fa una chiara apertura. «La parola discontinuità non mi piace ma la comprensibile logica ottimistica del premier deve essere mitigata da precise assunzioni di responsabilità e da obiettivi concretamente raggiungibili» sottolinea il capogruppo di An. E, sull’altro fronte, il centrista Francesco D’Onofrio rassicura: «Casini non ha mai pensato a un partito moderato staccato dal centrodestra. Spero che la Cdl non costringa l’Udc ad andare da sola. Sarebbe una sconfitta per tutti».
Sullo sfondo, Gianfranco Fini continua a indossare la veste del «saggio tessitore». Raccontano che il vicepremier ai suoi collaboratori abbia confessato di «non capire più la strategia di Casini». Ma di essere convinto che non ci sia alcun progetto terzopolista dietro l’angolo. L’invito del leader di An è sempre lo stesso: evitare salti nel buio. A gettare acqua sul fuoco ci pensa anche Carmelo Briguglio. «La cartina di tornasole ora è il proporzionale. È una locomotiva alla cui guida si sono seduti i centristi. Dal loro atteggiamento si capiranno le vere intenzioni».
Il problema, però, per quanto riguarda la legge elettorale, sarà la prova dell’aula. Venerdì prossimo in Consiglio dei ministri verrà presentato un progetto di legge condiviso. Ma cosa accadrà quando i parlamentari della Lombardia, del Veneto e della Sicilia dovranno dare il via libera a un testo che dimezzerà i seggi a loro disposizione nelle regioni in cui il maggioritario fa la differenza? C’è chi quantifica in cento i parlamentari della Cdl incerti sul da farsi. Bisogna, però, mettere in conto che anche alcuni parlamentari del centrosinistra daranno il loro via libera al proporzionale rendendo la partita ancora più avvincente.
In questo quadro spezzettato e confuso c’è anche chi rilancia come «strada maestra» il partito unitario. L’offensiva parte da Forza Italia. Prima Sandro Bondi, poi Marcello Pera e ora Enrico La Loggia si schierano a favore di una accelerazione. «Non rimandiamo il progetto alle calende greche. Facciamolo subito» dicono in coro. La scadenza temporale è già fissata. Il 20 settembre, alla seconda riunione della Costituente del partito unitario, si procederà all’ultimo tentativo. Se non ci saranno nuove adesioni - e il nuovo «no» di Fini non lascia ben sperare - il progetto verrà definitivamente archiviato fino al 2006. Un’alternativa, però, c’è. È la cosiddetta «ricetta Rotondi». Il segretario della Dc ha discusso con Marcello Dell’Utri della possibilità di semplificare la galassia di centro con Fi, Udc e Dc riuniti sotto un unico simbolo.

Sulla scheda elettorale questa nuova formazione si presenterebbe come «Ppe con Berlusconi», con il simbolo di Forza Italia subito sotto. Un progetto che suona come una subordinata rispetto al partito unitario. Ma che appare più percorribile di una «via maestra» costellata di dubbi e di ostacoli.

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