Laura Cesaretti
da Roma
Non sfugge a nessuno, nellUnione, la dichiarazione che il sindaco di Roma Walter Veltroni rilascia attorno alle undici di sera. Il risultato è ancora in bilico, il testa a testa tra le coalizioni è serratissimo, langoscia di Romano Prodi, Piero Fassino e dei loro alleati è allapice.
E Veltroni invece celebra una vittoria. La sua: «Il voto di Roma è assolutamente straordinario - dice - e mostra un dato di grande valore inequivoco, che dà al centrosinistra una differenza del 6,3% al Senato e di circa l'8% alla Camera rispetto alle politiche del 2001». LUlivo, sottolinea, nella capitale raggiunge quasi il 34%, ben oltre la media nazionale. E anche i ds vanno bene, in casa veltroniana: sono «il primo partito», al 21,5%, mentre in Italia viaggiano al di sotto del 18%, largamente surclassati da Forza Italia. Un risultato, prosegue Veltroni, che «mi riempie di soddisfazione», anche se si accompagna «a una grandissima preoccupazione per il Paese per il quadro che emerge dal voto».
Luscita del sindaco di Roma è fondata sui dati, che fanno della Capitale unisola felice per il centrosinistra. Ma è anche unavvisaglia chiara del terremoto che di qui a poco può mettersi in moto nella coalizione prodiana. Daltronde lo stesso Piero Fassino, di fronte alla apparente parità dei risultati, in serata già ragionava sul possibile futuro: un «governo tecnico» di transizione, e in autunno nuove elezioni. Pubblicamente lo dicono anche Ugo Intini e il Verde Pecoraro Scanio: «Se ci fosse un pareggio si dovrebbe andare ad un governo istituzionale in vista di un nuovo voto che non potrebbe essere prima dell'estate», afferma lesponente della Rosa nel pugno. Ed è chiaro che, in caso di elezioni ripetute, non potrebbe essere di nuovo Romano Prodi il candidato premier dellUnione. «Con il pareggio, il Professore è archiviato», si lascia sfuggire un dirigente dellUlivo.
E per questo la rivendicazione di successo fatta a urne aperte da Walter Veltroni ha il sapore di un posizionamento, in vista di un futuro molto incerto per il centrosinistra, di fronte a un risultato che - comunque vada a finire il testa a testa - ha visto ribaltate tutte le sue certezze di saper interpretare e raccogliere gli umori del Paese. Certo, un relativo successo Prodi lo può rivendicare: nella tremenda altalena di dati e proiezioni che per tutta la serata fanno temere il peggio ai leader dellUnione, un solo parametro sembra fermo, di ora in ora: il listone dellUlivo incassa più voti della somma di Ds e Margherita al Senato.
Francesco Rutelli, ma ancor più di lui Piero Fassino, devono fare i conti con una dura smentita delle loro speranze. Nella Quercia erano convinti di poter sfondare ampiamente il tetto del 20 per cento, e davano ormai quasi per certo lobiettivo coltivato da molti mesi dal segretario Fassino: quello di diventare il primo partito italiano. Invece si riesce solo a salire, e di poco, rispetto al minimo storico del 2001, al 16%. «Male che vada, in ogni caso siamo cresciuti», cerca di consolarsi Violante. Ma è una consolazione davvero da poco. «Se il dato viene confermato, è inevitabile che nel partito si apra una discussione, è evidente che sono stati sbagliati tutti i calcoli», prevede invece un altro dirigente. Fassino, il primo che verrebbe investito dalla «discussione», è chiuso in silenzio nel suo ufficio: «Parlerà solo a dati consolidati», dicono i suoi. Laffermazione dei «cespugli» della sinistra più radicale, a cominciare da Rifondazione, diventerà di certo nel dibattito interno un capo dimputazione per il segretario che ha scelto lalleanza con la cattolica e moderata Margherita.
Se al Botteghino si piange, nel quartier generale di Rutelli non si ride.
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