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All'Opera la danza è di moda I costumi firmati da Dior per il balletto «Nuit Blanche»

Disegnati da Maria Grazia Chiuri insieme a Eleonora Abbagnato, sono realizzati dalla sartoria del teatro

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Roma «La sartoria del teatro dell'Opera di Roma è come un atelier di alta moda, lì dentro riescono a fare cose ai confini della realtà» dice Maria Grazia Chiuri durante le prove di Nuit Blanche uno dei tre balletti pensati come omaggio a Philip Glass in programma al Costanzi da ieri fino al 2 aprile. I costumi sono firmati Dior, creati dalla Chiuri in collaborazione con l'étoile Eleonora Abbagnato e magistralmente cuciti dalle venti sarte che lavorano la storica sartoria. A dirigerla oggi è Anna Biagiotti, un'energica signora milanese di nascita ma romana d'adozione che tutti in teatro temono e adorano perché alle richieste più incredibili risponde sempre «Ci proviamo» e non si ferma finché non ci riesce. Stavolta ha accumulato più di 3000 ore di lavoro per cucire e montare sul tulle elasticizzato quasi 2000 tra fiori, boccioli, rami e rametti. «Abbiamo dovuto lavorare in verticale sui manichini spiega non abbiamo dato neanche un punto senza preoccuparci di come si muovono i muscoli dei ballerini e di quanto atrito può sopportare una rete leggerissima all'altezza della cucitura». L'effetto è stato semplicemente fenomenale, una vera e propria magia.

«In teatro hanno perfino la tintoria in cui realizzano colori strepitosi» incalza la Chiuri che conosce il Costanzi come le sue tasche avendo già lavorato qui ai tempi di Valentino per una bellissima Traviata con la regia di Sofia Coppola. Inoltre lo scorso settembre ha presentato una sensazionale collezione Dior per questa primavera/estate ispirata dalle maestre della danza contemporanea tipo Martha Graham con una sfilata-evento allestita in collaborazione con la coreografa israeliana Sharon Eyal. Stavolta, però, l'asticella ha raggiunto altezze iperboliche: riprendere il solco di una tradizione tracciata da Monsieur Dior in persona che nel 1947, anno del suo debutto e della nascita del New Look, creò i costumi per Treize Danses di Roland Petit con un'étoile del calibro di Margot Fonteyn. Logico quindi giocare come si suol dire in casa, ovvero nel teatro più importante di Roma. Giustissima anche la scelta del luogo in cui festeggiare questo evento: i laboratori di scenografia dell'Opera di Roma. Qui sono custoditi circa 80.000 costumi catalogati dalla memoria di ferro del responsabile del magazzino Maurizio Zantini e letteralmente venerati dal direttore delle scenografie Maurizio Varano. «Siamo riusciti a catalogarne circa 3000 con qr code, poi non abbiamo più avuto i fondi» ci spiegano i due offrendoci un'emozionante visita privata negli enormi stanzoni dove riposano come tante principesse addormentate le vesti del sogno e della fantasia. C'è il costume di Norma che Maria Callas si strappò di dosso piangendo la sera del 2 gennaio 1958 perché una brutta influenza le aveva lasciato solo un filo di voce e il pubblico romano l'aveva fischiata senza troppi complimenti. Per la cronaca la Divina non rientrò in scena dopo il primo atto. Da una gruccia sporge come per riemergere dal passato la manica sbuffante di un costume per Rigoletto, il più grande di un'intera fila ordinatamente appesa.

Varano ci racconta di quando negli anni Trenta furono fortunosamente salvati dal macero gli strepitosi costumi firmati da Caramba, nome d'arte di Luigi Sapelli, geniale sarto e scenografo nato nel 1865 e ancora oggi ammirato dagli addetti ai lavori del teatro per la sua maestria. Ce ne mostra alcuni e tolgono davvero il fiato come la vestaglia in seta serigrafata con il disegno ingabbiato nel ricamo a budellini dorati che deve aver vestito un'indimenticabile Adriana Lecouvreur. Una gonna a prima vista complicatissima è in realtà fatta da un semplice rettangolo cucito a drittofilo nei punti strategici del corpo. «Ce ne siano accorti restaurando il broccato» racconta questo straordinario professionista che dipinge tutte le scenografia all'italiana, cioè all'impiedi e con il pennello lungo. Da lui la più giusta definizione della prima donna alla direzione creativa di Dior in oltre 70 anni di storia. «Maria Grazia dice è una creatura rinascimentale: ama e conosce l'arte oltre a conoscere perfettamente le esigenze del commercio». In effetti nella sola boutique di Roma sembra che le vendite siano cresciute del 180 per cento.

Forse per questo all'anteprima il pubblico ha applaudito più lei dei ballerini in scena buttandosi poi a scattare inutili foto nonostante il categorico divieto del soprintendente Carlo Fuortes.

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